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SpaceX lancia Resilience, la prima Crew Dragon con equipaggio in pieno servizio operativo

L'equipaggio della missione USCV-1 all'interno della capsula Dragon Resilience

Oggi, 16 novembre alle 01:27 italiane (00:27 UTC), è stata lanciata con successo la navicella Resilience. Per la seconda volta una capsula Crew Dragon della compagnia aerospaziale privata SpaceX sta volando con esseri umani a bordo. Come ormai prassi per l’azienda di Hawthorne, è stato anche recuperato con successo il primo stadio del Falcon 9, che verrà riutilizzato per la prossima missione con equipaggio, Crew-2.

È la prima volta che SpaceX lancia con lo scopo di portare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale un equipaggio pienamente operativo, destinato a una permanenza di lunga durata. Soichi Noguchi (astronauta JAXA), Michael S. Hopkins, Victor J. Glover e Shannon Walker (astronauti NASA) sono i protagonisti di questa missione, denominata Crew-1 (USCV-1 secondo la nomenclatura NASA).

Si è arrivati quindi al tanto atteso cambio di paradigma, in cui gli Stati Uniti d’America e le altre nazioni non dipendono più dalla Russia per il lancio di uomini e donne nello spazio.

I giorni precedenti al lancio

Inizialmente la prima data utile fissata per il volo era il 30 ottobre 2020. Da allora sono state apportate altre modifiche al programma di lancio, fino ad arrivare alla decisione di accendere oggi i motori del Falcon 9.

In un lotto di produzione di motori Merlin (cioè i motori utilizzati dal Falcon 9) si sono riscontrati infatti dei comportamenti anomali, come un’accensione leggermente anticipata rispetto al previsto. Si è velocemente risaliti alla causa dell’anomalia riscontrando che una laccatura applicata durante il processo di produzione non veniva completamente eliminata. Con un’accurata pulizia delle parti meccaniche in causa, il problema non è stato più riscontrato.

Le ultime preparazioni al volo sono cominciate il 10 novembre, quando è stato effettuato il rollout (il trasferimento del mezzo dall’hangar alla piattaforma di lancio) e la verticalizzazione del razzo.

Il giorno successivo il vettore è stato però rimesso in orizzontale per consentire la sostituzione di una valvola del sistema di spurgo del secondo stadio.

Il ripristino è stato effettuato in tempi molto rapidi ed è stato possibile far tornare la capsula Resilience in posizione di lancio dopo sole 4 ore. Un’operazione resa agevole grazie alla particolare conformazione della Launch Tower, la struttura che sostiene il mezzo anche durante tutta la fase di preparazione al lancio.

La Launch Tower in azione in questo filmato relativo alla missione precedente, DEMO-2

Sempre nella stessa giornata dell’11 novembre è stato eseguito con successo lo static fire test, la prova finale di accensione dei motori del primo stadio.

Da allora in poi, si sono susseguite tutte le prove finali.

L’ultimo rinvio si è avuto il 13 novembre a causa di condizioni meteo avverse nella zona di recupero in caso di problemi al lancio.

Il primo equipaggio pienamente operativo

Abbiamo già visto come la precedente capsula Crew Dragon denominata Endeavour abbia completato con successo la sua missione con a bordo esseri umani. In quel caso però si trattava di una missione dimostrativa (Demo-2, appunto).

Douglas Hurley e Robert Behnken, nonostante abbiano collaborato più che attivamente alla vita operativa della ISS, avevano infatti come compito principale il monitoraggio delle prestazioni e del comportamento della capsula in tutte le fasi di volo: decollo, attracco, permanenza agganciata alla ISS, distacco e rientro in atmosfera.

Per quanto sia durata 63 giorni, la Demo-2 non rientrava nella definizione di missione “di lunga durata” destinata a un incarico pienamente votato alle attività scientifiche e di manutenzione che vengono svolte a bordo della ISS. Una missione pienamente operativa (Expedition) si protrae solitamente almeno sei mesi e la Crew-1 rimarrà infatti in orbita fino ad aprile 2021.

I ruoli assegnati all’equipaggio

Michael Hopkins è il responsabile di tutte le fasi di volo, dal lancio al rientro. Sulla ISS assumerà il titolo di ingegnere di volo. All’attivo ha 166 giorni di permanenza nello spazio, guadagnati durante le Expedition 37/38, oltre ad aver compiuto due EVA per un totale di 12 ore e 58 minuti. A bordo della ISS presterà giuramento formale come colonnello della US Space Force, dopo essere stato per diversi anni sotto comando della US Air Force.

Victor Glover è il pilota e il secondo in comando all’interno della Dragon. È responsabile dei sistemi del veicolo e delle loro prestazioni in generale. È al suo primo volo nello spazio, dopo la sua selezione come astronauta nel 2013.

Shannon Walker è la specialista di missione: assieme a Glover e Hopkins tiene sotto osservazione lo stato della navetta durante le fasi di decollo e rientro, oltre a essere responsabile del monitoraggio delle tempistiche, delle telemetrie e dei materiali di consumo. Diventerà ingegnere di volo una volta raggiunta la ISS; nel suo “ruolino di volo” ci sono già segnati 161 giorni vissuti a bordo della ISS durante l’incremento delle Expeditions 24/25.

Soichi Noguchi sarà anch’egli uno specialista di missione una volta a bordo della ISS, con gli stessi compiti della Walker. Sta effettuando il suo terzo volo, dopo aver viaggiato a bordo della missione Shuttle STS-114 e di una Sojuz nel 2009. È stato il primo astronauta giapponese a compiere una EVA, totalizzando 20 ore e 5 minuti di attività all’esterno della Stazione Spaziale.

Resilience è anche portatrice di cambiamenti

La capsula di SpaceX è protagonista di alcune “prime volte” che cambieranno le routine finora consolidate durante le missioni di lunga permanenza nello spazio.

Si tratta infatti della prima capsula in assoluto a trasportare più di tre persone a bordo. Questo porterà a un aumento regolare di astronauti in orbita. Già in passato la Stazione Spaziale ha ospitato fino a 13 persone in totale durante alcune missioni Shuttle, ma solo per brevi periodi di qualche settimana. Considerando solo il segmento USOS (la parte della ISS gestita da NASA) si sono avute fino 6 persone, ma per un massimo di 38 giorni.

Parlando sempre della parte di ISS coordinata da NASA (la sezione russa della ISS fa capo all’agenzia spaziale Roskomos), da questo momento in poi si avrà la capacità di sostenere più di tre persone alla volta in rotazione, per missioni della durata di almeno sei mesi.

Questo comporta un cambio di prospettiva riguardo alla logistica. Cibo e acqua dovranno avere una diversa gestione, e anche attività come l’uso delle attrezzature ginniche o dei servizi igienici dovranno sostenere un ritmo di programmazione e utilizzo più serrato. Proprio per questo a bordo dell’ultimo cargo Cygnus NG-14 è stata spedita una nuova toilette.

Gli alloggi notturni presenti nella sezione USOS sono quattro e si trovano all’interno del modulo Harmony. Da oggi e fino ad aprile 2021 gli astronauti non russi saranno cinque (dal 14 ottobre è infatti già presente l’astronauta Kate Rubins, arrivata con una capsula Sojuz) e uno di questi dovrà trovare alloggio in qualche altro modulo. Molto probabilmente verrà utilizzata la stessa Resilience o il modulo della JAXA Kibo, ma al momento la soluzione non è stata comunicata, forse per dare un’opportunità di scelta della postazione secondo il comfort riscontrato. Per il futuro alcuni rack (spazi destinati all’installazione di attrezzature per esperimenti) verranno convertiti in alloggi notturni.

L’astronauta Sunita Williams mostra i quattro alloggi notturni per gli astronauti all’interno del modulo Harmony (Node-2)

Sarà anche la prima volta che una capsula di fabbricazione statunitense effettuerà una operazione di Redocking. Una sostanziale differenza tra Resilience e la precedente Endeavour (la capsula usata durante la missione DEMO-2) è infatti la capacità di poter operare in maniera autonoma anche per cambiare boccaporto di attracco. Ciò dovrebbe avvenire nel gennaio 2021, quando si dovrà far posto alla capsula CST-100 Starliner fabbricata dalla Boeing, che effettuerà un attracco automatico (senza equipaggio) durante la sua seconda missione dimostrativa.

L’attracco alla ISS

È previsto per le 05:00 italiane (04:00 UTC) di domani 17 novembre e, anche se supervisionato dall’equipaggio a bordo e dal team di supporto a terra, avverrà in maniera automatica.

Ecco come apparirà la ISS una volta attraccata la capsula Resilience. Immagine realizzata sulla base di rendering ottenuti con software NASA/JSC VRlab DOUG.

Non sarà purtroppo possibile osservare Resilience durante il suo viaggio in solitaria, come avvenne per la precedente Endeavour.

La scienza al primo posto

I quattro astronauti a bordo della Resilience dovranno occuparsi principalmente di ricerca scientifica. Per fare questo si sono espressamente addestrati parecchi mesi prima della partenza.

Oltre alle attività scientifiche gli astronauti saranno chiamati a manutenere la loro casa spaziale, sia con operazioni interne, sia con operazioni extraveicolari (EVA).

Gli elenchi dettagliati delle future attività da svolgere all’esterno della ISS e anticipazioni con simulazioni video, possono essere consultate su ForumAstronautico.it.

La patch di missione ed il suo significato

Nella realizzazione, si è posta particolare attenzione ai rimandi al passato. Ben visibili e riconoscibili i contorni della testa di un drago con una Crew Dragon proiettata in una parabola ascendente. Il pennacchio azzurro-bianco retrostante alla capsula sta a indicare il senso del movimento e della velocità, una caratteristica grafica già presente in forme diverse in alcune patch di varie missioni degli Space Shuttle. Nella parte bassa, in blu scuro, i simboli dei quattro mezzi spaziali USA con equipaggio umano che hanno preceduto la Crew Dragon: da sinistra a destra Space Shuttle, Apollo, Gemini e Mercury. Non manca un riferimento alla Stazione Spaziale Internazionale, stilizzata in alto a sinistra. Ovviamente il grande “numero 1” di colore bianco sta indicare che si tratta della prima missione operativa della navicella di SpaceX.

Una significativa decisione sul design della patch è stata presa dagli astronauti. Non sono presenti nomi o bandiere di appartenenza, per sottolineare come la missione non sia per l’individuo o la nazione di appartenenza, ma per tutto il genere umano.

Fonte: NASA

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