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Pronta al lancio Solar Orbiter, la nuova missione europea per lo studio del Sole

La missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), con la partecipazione della NASA, verrà lanciata il prossimo sabato 8 febbraio alle 5:15 italiane dalla rampa SLC-41 della Cape Canaveral Air Force Base in Florida, a bordo di un vettore Atlas V 411 della United Launch Alliance (ULA).

[Aggiornamento] Il lancio è stato posticipato a lunedi 10 febbraio alle 05:03 italiane.

Per l’occasione l’Associazione ISAA sarà presente al controllo missione presso l’ESA European Space Operations Centre (ESOC) di Darmstadt con aggiornamenti già dal giorno prima del lancio. Seguiteci live sull’account Twitter AstronautiCAST

Il vettore Atlas V, senza la sonda in cima, in rampa lo scorso 24 gennaio per una prova di riempimento dei serbatoi. Credit @ulalaunch

Solar Orbiter (SolO) è la prima missione di classe media del programma ESA Cosmic Vision 2015-2025, programma nato per rispondere a domande chiave sulle origini dell’Universo e le sue leggi fisiche fondamentali, come funziona il Sistema Solare, la formazione dei pianeti e la comparsa della vita.
Grazie a una suite di 10 strumenti scientifici, SolO investigherà la nostra stella e il suo ambiente circostante, concentrandosi su quattro settori di studio:

L’orbita

Con due passaggi vicino a Venere (dicembre 2020 e agosto 2021) e un passaggio vicino alla Terra (novembre 2021), per raggiungere la sua orbita operativa SolO impiegherà ben due anni. Un’orbita fortemente ellittica, con perielio di 42 milioni di chilometri, afelio di 180 milioni di chilometri e periodo di circa 6 mesi.
Come termine di paragone la Terra orbita a 150 milioni di chilometri di distanza media dal Sole.
Il primo passaggio vicino al Sole avverrà il prossimo giugno, a una distanza di 75 milioni di chilometri, mentre il primo passaggio ravvicinato avverrà nel marzo 2022. Questi primi due anni serviranno per attivare e calibrare i sensori e gli strumenti di bordo ed effettuare misurazioni e analisi dello spazio attraversato.

La particolarità dell’orbita di SolO sarà la sua inclinazione crescente rispetto all’equatore del Sole.
La sonda sarà in risonanza con l’orbita di Venere e ogni volta che si troverà a passare in prossimità del pianeta sfrutterà il suo campo gravitazionale per inclinare sempre di più l’orbita, arrivando a 25° alla fine della missione nominale (2027) e 34° alla fine della missione estesa (2030).
Questa inclinazione permetterà per la prima volta di ottenere immagini dei poli del Sole, invisibili dalla Terra e dalle altre sonde, per studiare i processi che danno origine al campo magnetico solare.
Date le caratteristiche sempre diverse dei vari passaggi vicino al Sole, a ogni orbita saranno associati specifici strumenti scientifici dedicati.

SolO fotografata lo scorso ottobre prima della spedizione in Florida

La sonda

La sonda è stata costruita da Airbus Defence and Space a Stevenage in Gran Bretagna, ha una massa di 1800 kg, di cui 209 di strumenti scientifici e ha dimensioni pari a 2,5 × 3,1 × 2,7 m. L’energia di bordo è fornita da due grandi set di pannelli fotovoltaici, identici a quelli della sonda BepiColombo, che possono ruotare su se stessi per diminuire l’irraggiamento durante i passaggi ravvicinati al Sole.
Un’asta di 4 m ospita alcuni dei 21 sensori presenti sulla sonda, quali magnetometri, rilevatori e analizzatori mentre le comunicazioni sono garantite da una parabola ad alto guadagno, resistente alle alte temperature, sempre indirizzata verso la Terra, anch’essa simile a quella di BepiColombo.
La ricezione dei dati avverrà tramite l’antenna di 35 m di diametro di Malargüe in Argentina, con le stazioni di New Norcia in Australia e Cebreros in Spagna come backup, e da qui inviate al Mission Operations Centre presso l’ESOC di Darmstadt in Germania e al Science Operations Center presso l’ESAC di Villanueva de la Cañada in Spagna.

A ogni passaggio ravvicinato del Sole, Solar Orbiter si troverà ad affrontare condizioni di estremo irraggiamento, 13 volte superiore a quello dei satelliti in orbita terrestre, con lo scudo termico che raggiungerà i 500 °C. Per questo motivo ESA, Airbus e l’azienda irlandese Enbio, hanno sviluppato una nuova tecnologia protettiva, chiamata SolarBlack.

Rappresentazione artistica del momento della separazione della sonda dal vettore di lancio.

SolarBlack è una preparazione di fosfato di calcio applicata esternamente allo scudo termico della sonda, nel corso degli anni assorbe ottimamente il calore senza sfogliarsi o sublimare direttamente in gas.
Al di sotto dello strato di SolarBlack il resto dello scudo termico è composto da 20 strati sottili di titanio, in grado di sopportare temperature fino a 500 °C. Lo scudo termico non è agganciato direttamente al corpo della sonda, ma è mantenuto a una distanza di qualche decina di centimetri da 10 sostegni. Questo gap tra lo scudo e la sonda servirà a dissipare il calore assorbito, senza trasmetterlo alle apparecchiature di bordo.

La strumentazione scientifica di bordo è fornita da istituti di ricerca europei quali Italia, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Belgio, Germania e Svizzera e uno dagli Stati Uniti e si divide in due categorie in base a dove effettuano le misurazioni.

Posizionamento degli strumenti sulla sonda.

Gli strumenti di misurazione locale registrano le condizioni in prossimità della sonda stessa, qualcuno rimane sempre nell’ombra dello scudo termico, mentre altri devono necessariamente guardare fuori. Per fare questo sono forniti singolarmente di protezione termica dedicata.
Gli strumenti di misurazione a distanza devono necessariamente osservare il Sole e per fare questo sfruttano alcune aperture nello scudo termico provviste di chiusura ruotante. Due di queste inoltre sono provviste di una lente che blocca gran parte del calore in ingresso.

Gli strumenti locali (in situ):

Gli strumenti di misurazione a distanza (remote sensing):

Il contributo italiano

L’Italia partecipa alla missione sia come membro ESA, di cui è il terzo paese finanziatore con 2,282 miliardi di euro (il 15,9% del budget totale), sia attraverso le aziende Leonardo, Thales Alenia Space Italia, OHB, l’Istituto Nazionale di Astro Fisica (INAF), il Centro Nazionale delle Ricerche – Istituto Nazionale di Fotonica e Nanotecnologie (CNR-IFN), l’Università di Firenze, l’Università di Genova, l’Università di Padova, l’Università di Urbino e il Politecnico di Torino.

Le altre missioni solari in corso

Attualmente sono operative ben 10 sonde dedicate al monitoraggio e studio del Sole, alcune addirittura dagli anni ’90 superando di molto l’aspettativa di vita operativa.

La maggior parte di questi satelliti operano monitorando il Sole dall’orbita terrestre, in ampie orbite eliocentriche o in prossimità del punto L1 del sistema Sole-Terra, rimanendo sempre a debita distanza dalla nostra stella. Solo la sonda NASA Parker Solar Probe, lanciata nell’agosto 2018, è stata progettata per veloci passaggi vicino al Sole, di cui gli ultimi saranno a soli 6,9 milioni di chilometri (la Terra è a 150 milioni di km, Mercurio a 58 e la sonda SolO passerà a 42). A ogni passaggio acquisterà sempre più velocità ed è previsto che nel 2025 passerà vicino al Sole alla velocità di quasi 700.000 km/h.
La sonda è equipaggiata con uno scudo termico capace di sopportare temperature fino a 1370 °C ma, proprio a causa dell’estremo calore che deve affrontare, ha a bordo solo 50 kg di strumenti scientifici di misurazione locale, di cui nessuno è per l’osservazione diretta del Sole.
Per questo motivo la missione ESA Solar Orbiter è stata sviluppata per colmare, integrare e confrontare i dati con la missione della NASA.
Lavorando congiuntamente, le due sonde raccoglieranno un’enorme mole di dati complementari che permetteranno di ottenere risultati di gran lunga di qualità superiore a quelli delle due singole missioni.

Fonte e foto credit: ESA

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