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Arianespace e Vega VV16. I perché di un ritorno in grande stile per il vettore europeo

Credit Immagine: Arianespace

Lo scorso 3 settembre alle 03:51 ora italiana è stato finalmente lanciato con successo il razzo Vega di Arianespace per la sua missione denominata VV16.

Con questo lancio sono stati immessi in orbita 53 satelliti.

Il Vega è un lanciatore sviluppato da ASI (Agenzia Spaziale Italiana) ed ESA (Agenzia Spaziale Europea) e ha una forte presenza italiana nella sua realizzazione. Oltre il 65% della quota di sviluppo tecnico è infatti demandato alla ELV S.p.A, un’azienda costituita da AVIO S.p.A. e ASI.

Proprio per questa forte impronta di eccellenza nazionale, spesso vediamo i lanci di questo vettore riportati anche dalle testate informative generaliste. Questa volta però la missione ha meritato ancor di più la ribalta dei media anche per altri motivi, ovvero le varie difficoltà che ne hanno ritardato il lancio e il debutto della nuova piattaforma SSMS (Small Spacecraft Mission Service).

L’onta del fallimento precedente superata con un pieno successo

Problemi pregressi, pandemie in corso e venti ad alta quota persistenti. Sono stati piuttosto consistenti gli impedimenti che Arianespace ha dovuto affrontare per il lancio del 3 settembre scorso.

La missione VV16 (la sedicesima per questo vettore) portava con sé il retaggio del fallimento della precedente, che avrebbe dovuto immettere in orbita il satellite militare Falcon Eye-1 per conto delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti. Un’indagine condotta da una commissione d’inchiesta indipendente ha identificato la causa del fallimento in un cedimento termostrutturale del motore del secondo stadio. Il Vega che avrebbe dovuto immettere in orbita il satellite emiratino era alla sua quindicesima missione, e i riflettori sono stati puntati non sulla bontà del progetto in sé ma sull’ipotesi di un problema di realizzazione materiale della componentistica.

Pandemia da COVID-19 e venti ad alta quota

Per il lancio si era inizialmente prefissata la data del 5 settembre 2019 ma (come spesso accade nelle attività aerospaziali) la data più probabile era slittata di volta in volta fino al 24 marzo 2020.

In piena pandemia e nella necessità di attuare pienamente le misure decise dal governo francese, il 16 marzo 2020 l’Agenzia Spaziale Europea ha sospeso tutte le operazioni presso il Centro spaziale nella Guyana francese. Da allora si sono avuti vari rinvii fino al 15 giugno 2020.

Poi però a mettere in difficoltà la missione VV16 per i successivi 3 mesi sono arrivati i venti in quota, ritenuti troppo forti e pericolosi per la missione. Tra un’attesa e l’altra si rendeva intanto necessario ricaricare le batterie dei satelliti e dei sistemi di bordo. Ma finalmente è arrivata la data del 3 settembre e tutto è diventato una storia di successo.

Il momento del decollo del Vega VV16. Credit immagine: Ariane Space

Come Arianespace abbraccia il concetto di rideshare

In questi ultimi anni si sta assistendo a un radicale cambiamento nel mercato dei vettori spaziali.

L’evoluzione della componentistica, diventata sempre più compatta, efficace ed economica, ha permesso a svariate entità (privati, università, piccole nazioni) di realizzare satelliti di varia misura. Di conseguenza si è cercato di abbattere anche il costo di messa in orbita, aggregando i satelliti di diversi clienti in unico lancio per ripartirne il costo. Questa modalità si chiama rideshare, traducibile all’incirca come “corsa condivisa”.

Per Arianespace, la chiave di volta dell’offerta in rideshare si chiama Small Spacecraft Mission Service (SSMS), al suo debutto proprio durante la missione VV16.

Si tratta di una piattaforma capace di ospitare nell’ogiva del razzo satelliti di dimensioni molto differenti. Si va dalle dimensioni di un grande elettrodomestico da cucina fino a nano satelliti delle dimensioni di un cubo di 2,5 centimetri per lato.

La piattaforma SSMS. Sopra sono illustrate le componenti modulari principali e sotto le varie configurazioni ottenibili. Credit Immagine: ESA


Il dispenser SSMS è stato progettato per essere adattabile il più possibile alle richieste di mercato e soddisfare una vasta combinazione di clienti. Il progetto è scalabile in dimensioni e, applicato al futuro razzo Vega-C (capace di trasportare 700 chilogrammi in più in orbita bassa rispetto al predecessore) o al più grande vettore Ariane 6, permetterà di abbattere ulteriormente i costi aumentando il numero di satelliti ospitabili in un singolo lancio.

A estendere ulteriormente il concetto di rideshare, in cima al SSMS era montato il Cubesat Carrier ION-SCV Lucas realizzato dall’italiana D-Orbit.

Si tratta in pratica di un’ennesima piattaforma di rilascio per Cubesat. Inizialmente immesso in orbita dal dispenser principale SSMS, l’ION-SCV Lucas ha lo scopo non solo di rilasciare 12 ulteriori piccoli satelliti, ma anche la capacità di offrire orbite ancora più specifiche pur mantenendo intatto il concetto di rideshare. Grazie a questo sistema sono stati rilasciati 12 satelliti in più oltre ai 53 presenti originariamente sulla piattaforma SSMS.

Il Cubesta Carrier ION-SCV Lucas. Credit immagine: D-Orbit

I satelliti più piccoli non hanno attualmente capacità di manovra e se rilasciati da un dispenser comune condividono non solo la corsa e i costi, ma anche l’orbita in cui vengono immessi. Una sub-piattaforma di rilascio come quella realizzata da D-Orbit estende ulteriormente le capacità di offerta, rendendo appetibile qualsiasi piattafoma di rilascio multiplo.

Sono molteplici i vantaggi che derivano da questo nuovo concetto di condivisione di una “corsa” a bordo di un razzo.

Di sicuro Arianespace con il supporto di tutto l’ingegno europeo potrà offrire sempre di più una valida alternativa a quelli che ormai vengono definiti gli innovatori assoluti dell’attuale scenario aerospaziale.

Fonte: European Space Agency

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