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Parker Solar Probe attraversa un’espulsione di massa coronale

Parker Solar Probe all'interno della carenatura del Delta IV Heavy della United Launch Alliance l'8 agosto 2018. Credit: NASA/Bill Ingalls

Ai vari record raggiunti dalla sonda della NASA Parker Solar Probe (è il veicolo spaziale più vicino al Sole, è l’oggetto più veloce mai costruito dall’uomo ed è la prima missione spaziale ad aver mai “toccato” il Sole, ovvero ad aver volato all’interno della sua atmosfera, detta corona) ne va ora aggiunto un altro: è il primo veicolo spaziale ad aver mai volato attraverso una delle più potenti esplosioni solari nei pressi del Sole.

Come descritto dettagliatamente in un lavoro pubblicato recentemente su The Astrophysical Journal, poco più di un anno fa, il 5 settembre 2022, la sonda della NASA Parker Solar Probe è volata attraverso una delle più potenti espulsioni di massa coronale (Coronal Mass Ejection – CME) mai registrate. Oltre alla notevole impresa ingegneristica compiuta dalla Parker, la quale è stata costruita per affrontare episodi come questo, si sottolinea anche la grandiosa opportunità scientifica che i ricercatori hanno potuto sfruttare grazie ai dati raccolti durante l’evento. Infatti il passaggio attraverso la CME sta aiutando a verificare una teoria risalente a 20 anni fa relativa all’interazione delle espulsioni di massa coronale con la polvere interplanetaria, e alle eventuali implicazioni per le previsioni sul meteo spaziale.

Una delle riprese della fotocamera WISPR di Parker Solar Probe durante il passaggio attraverso la massiva espulsione di massa coronale del 5 settembre 2022. Credit: NASA/Johns Hopkins APL/Naval Research Lab

Una pubblicazione scientifica del 2003 ha teorizzato che le espulsioni di massa coronale possano interagire con la polvere presente in orbita attorno alla nostra stella, arrivando persino a spostarla verso l’esterno. Le espulsioni di massa coronale sono immense eruzioni che si sprigionano dall’atmosfera esterna, o corona, del Sole e che contribuiscono a determinare il clima spaziale, il quale può mettere in pericolo i satelliti in orbita attorno alla Terra, può disturbare le tecnologie di comunicazione e di navigazione satellitare e persino mettere fuori uso le reti elettriche sul nostro pianeta. Queste violente eruzioni possono generare potenti campi magnetici e possono espellere certe volte miliardi di tonnellate di plasma a velocità comprese fra i 100 e i 3.000 km/s. Quando sono dirette verso la Terra, queste eiezioni possono piegare o modellare il campo magnetico del nostro pianeta, generando inoltre spettacolari aurore boreali. Imparare di più su come questi eventi interagiscono con la polvere interplanetaria, potrebbe servire agli scienziati a meglio predire a quale velocità le espulsioni di massa coronale si propagano dal Sole alla Terra, prevedendo il momento in cui l’evento impatterà sul pianeta.

Parker ha osservato per la prima volta una CME direttamente

«Queste interazioni fra le CME e la polvere, sono state teorizzate due decenni fa, ma non erano mai state osservate fino a quando Parker non ha potuto esaminare una espulsione coronale agire come un vero e proprio aspirapolvere, ripulendo dalla polvere il proprio percorso» ha spiegato Guillermo Stenborg, un astrofisico del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL) di Laurel, Maryland, e autore principale della pubblicazione del 2003. L’APL ha costruito e gestisce le operazioni di Parker Solar Probe.

In questa immagine del 3 ottobre 2017, il Dr. Eugene Parker (al centro) mentre visita
la sonda che porta il suo nome, nella camera bianca del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory di Laurel, Maryland, dove la sonda è stata progettata e costruita. II Dr. Parker è deceduto il 16 marzo del 2022 all’età di 94 anni. Credit: NASA/JHUAPL

Navigando nei pressi del lato lontano del Sole, a circa 9,2 milioni di km dalla sua superficie, 36,8 milioni di km più vicino di Mercurio, Parker Solar Probe ha rilevato remotamente la CME, prima di costeggiarne il fianco, per poi passare successivamente all’interno del fenomeno, attraversando la scia del suo bordo anteriore (o onda d’urto) per poi uscire dall’altro lato. Complessivamente, la sonda statunitense ha trascorso quasi due giorni osservando la CME, fornendo così ai fisici un’impareggiabile veduta in questa tipologia di eventi stellari e un’opportunità di studiarli all’inizio della loro evoluzione.

La polvere interplanetaria

La polvere interplanetaria è costituita da piccole particelle provenienti da asteroidi, comete e anche da pianeti, ed è presente in tutto il Sistema Solare. In alcune occasioni particolari, è possibile osservare dal suolo una debole luminosità lungo l’eclittica, in particolare in prossimità del Sole: è la luce zodiacale, ovvero è la riflessione della luce solare da parte delle particelle di polvere presenti nei piani orbitali del Sistema Solare.

La CME ha spostato la polvere per una lunghezza di 6 milioni di km dal Sole (circa un sesto della distanza fra il Sole stesso e Mercurio), ma essa è stata quasi immediatamente ripristinata da altra polvere interplanetaria.

Le osservazioni in situ svolte da Parker, sono state fondamentali per questa scoperta, perché caratterizzare a distanza le dinamiche di questo pulviscolo nella scia di una CME, è molto complicato. Secondo i ricercatori, le osservazioni di Parker potrebbero anche fornire delle informazioni sui fenomeni che avvengono nella corona solare, come l’oscuramento coronale causato da aree a bassa densità nella corona stessa, che spesso compaiono dopo le eruzioni di massa coronale.

Gli scienziati hanno osservato l’interazione fra la CME e il pulviscolo interplanetario come una diminuzione della luminosità delle immagini riprese dalla fotocamera Wide-field Imager for Solar Probe (WISPR). Questo perché la polvere riflette la luce, amplificando e diffondendo l’effetto dei raggi solari, quindi la sua mancanza, causata dall'”effetto aspirapolvere” della CME, porta a una conseguente, seppur breve, diminuzione della luminosità delle immagini.

Al fine di individuare l’effetto della diminuzione di luminosità, il team scientifico ha dovuto calcolare le luminosità medie di fondo delle immagini di WISPR riprese lungo numerose orbite simili, eliminando le normali variazioni di luminosità dovute ai solar streamer, o coronal streamer, che sono dei getti di materia più densa nella corona solare e gli altri fenomeni coronali.

«Parker ha orbitato il Sole per quattro volte alla stessa distanza, permettendoci di comparare i dati dei vari passaggi molto bene» ha proseguito Stenborg «rimuovendo le variazioni di luminosità dovute ai noti fenomeni coronali, siamo riusciti a isolare le variazioni dovute alla rimozione del pulviscolo interplanetario».

Poiché gli scienziati hanno osservato questo effetto solamente in connessione con l’evento del 5 settembre 2022, Stenborg e il suo team teorizzano che la rimozione della polvere debba avvenire con le emissioni di massa coronale più potenti.

«Si è trattato della CME più vicina al Sole mai osservata» ha sottolineato Nour Raouafi del Johns Hopkins APL e scienziato del progetto di Parker Solar Probe. «Non abbiamo mai osservato un evento di questa magnitudine da questa distanza».

Presso le strutture di Astrotech a Titusville, Florida, nei pressi del Kennedy Space Center, mercoledì 11 luglio 2018 ingegneri e tecnici usano una gru per collocare la sonda Parker Solar Probe sul terzo stadio del lanciatore Delta IV Heavy. Credits: NASA/Glenn Benson

Un evento estremo

L’evento del 5 settembre 2022 è stato davvero estremo. Mentre Parker stava passando dietro l’onda d’urto, il suo strumento Solar Wind Electrons, Aplhas amd Protons (SWEAP) ha registrato particelle che viaggiavano a velocità di 1.350 km/s e Raouafi sostiene che, se il getto fosse stato diretto verso la Terra, esso potrebbe aver avuto una magnitudine prossima a quella dell’Evento di Carrington, una tempesta solare risalente al 1859 che è ritenuta la più potente che abbia mai colpito la Terra. Inutile sottolineare che eventi di tale potenza, possono avere potenzialmente effetti devastanti per molte tecnologie impiegate sul nostro pianeta oggi.

Lo studio della fisica alla base di questa interazione potrebbe avere implicazioni per le previsioni meteorologiche spaziali. Gli scienziati stanno appena iniziando a comprendere che il pulviscolo interplanetario influenza la forma e la velocità di una CME. Ovviamente sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio questi fenomeni.

Nonostante la potenza dell’eruzione, la sonda della NASA sembra essere rimasta impassibile all’evento. Il suo scudo termico, i radiatori e il sistema di protezione termica hanno assicurato la stabilità termica del veicolo spaziale, il quale ha potuto contare anche sul suo sistema autonomo che ha attivato delle procedure di mitigazione le quali hanno consentito alla sua avionica di funzionare senza interruzioni. Infatti, l’unica conseguenza del CME per il veicolo spaziale è stata una leggera torsione su uno dei suoi assi, che è stata prontamente compensata dal sistema di controllo di assetto.

Il team scientifico ha determinato la sequenza temporale e la posizione di Parker durante la CME, comparando i dati raccolti all’interno dell’eruzione con quelli ottenuti al di fuori di essa dallo strumento Sun Earth Connection Coronal and Heliospheric Investigation (SECCHI) della sonda STEREO della NASA. I ricercatori hanno elaborato un modello semplice dell’evento, ma dato che nessuno ha mai effettuato misurazioni così presto nello sviluppo, alcune parti sono state molto difficili da far combaciare.

Il team ha determinato tre intervalli principali durante l’evento; due sezioni sono già state osservate in precedenti eventi, quando hanno raggiunto la Terra: l’onda d’urto in prossimità dell’evento seguita dal getto di plasma, e un’altra porzione avente le caratteristiche tipiche del vento solare. Tuttavia la terza sezione, una regione a bassa densità caratterizzata da particelle più lente, ha rappresentato una strana novità.

Ulteriori modelli scientifici che includono più dati raccolti dalla sonda, saranno sicuramente d’aiuto, ma riuscire a passare attraverso un’altra CME sarebbe sicuramente più utile.

Una composizione delle immagini raccolte dalla fotocamera dello strumento WISPR di Parker Solar Probe nel momento in cui la sonda attraversa la CME il 5 settembre 2022. L’evento è visibile a 0:14 secondi. Il Sole è a sinistra e il 6 settembre Parker ha raggiunto il tredicesimo perielio. Il suono in sottofondo è il campo magnetico convertito in audio. Credit: NASA/Johns Hopkins APL/Naval Research Laboratory/Brendan Gallagher/Guillermo Stenborg/Emmanuel Masongsong/Lizet Casillas/Robert Alexander/David Malaspina

Parker Solar Probe ha completato il suo sesto sorvolo di Venere, usando la gravità del pianeta per lanciarsi sempre più vicino al Sole in vista dei suoi prossimi cinque incontri ravvicinati. Tutto questo mentre il Sole si sta avvicinando al suo picco di attività nell’ambito del suo ciclo undecennale, quando le macchie solari e l’attività della nostra stella sono molto elevate. Pertanto, mentre l’attività solare aumenta, gli scienziati sperano di avere l’opportunità di osservarne altri di questi rari fenomeni e di esplorare come essi possono influenzare l’ambiente terrestre e il medium interplanetario.

Fonti: NASA; NASA/Johns Hopkins APL

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