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Partita Chang’e 5, una missione cinese verso la Luna e ritorno

Il momento del lancio. Credit: OurSpace/CNSA.

Sono passati ormai 13 anni da quando partì la prima sonda del programma di esplorazione lunare cinese (CLEP), meglio conosciuto come programma Chang’e. A quei tempi la Cina non era una grande potenza dell’esplorazione spaziale come lo è oggi, e non disponeva delle risorse tecnologiche per una missione lunare di alto profilo. Chang’e 1 venne lanciata il 24 ottobre 2007 dal centro spaziale di Xichang nell’entroterra cinese a bordo di un razzo Lunga Marcia 3A, la cui tecnologia risaliva al 1984.

Nonostante tutto quella data segnò l’inizio di un nuovo capitolo per l’esplorazione spaziale cinese, cioè un intenso e importante programma di esplorazione lunare che progressivamente portò risultati sempre più di peso per la comunità scientifica internazionale. Il programma si profilava in 3 fasi, con una prima fase di esplorazione condotta dall’orbita della Luna, una seconda fase con lander e rover a scandagliare la superficie del nostro satellite e una terza con l’obiettivo ambizioso di riportare campioni di suolo lunare a Terra.

Ieri è iniziata la fase 3. Un nuovo razzo con una nuova sonda è partito da un nuovo centro spaziale per una nuova missione lunare. Il razzo è il Lunga Marcia 5, al suo sesto volo; un lanciatore ben più potente e tecnologicamente avanzato dei vecchi vettori Lunga Marcia 3, con propellenti meno tossici – cioè cherosene (RP-1) e ossigeno per i booster e idrogeno e ossigeno per gli stadi principali al posto di tetrossido di azoto e dimetilidrazina asimmetrica – e con prestazioni decisamente superiori. La sonda è Chang’e 5, un complesso assemblaggio di varie parti funzionali, ognuna con un preciso compito per la missione. Il centro spaziale è quello di Wenchang, nell’isola di Hainan, nella parte meridionale della Cina, affacciato sul mare, per evitare pericolosi rientri di detriti dei razzi in zone abitate, benché poco densamente. Un centro nuovissimo, inaugurato nel 2016 e con solo 7 voli all’attivo, compreso quello di ieri. La missione prevede un obiettivo molto ambizioso: atterrare nella pianura dell’Oceanus Procellarum, estrarre un campione di circa 2 kg di roccia e sedimenti e riportarlo a Terra.

Ieri sera, 23 novembre, alle 21:30 italiane, quando in Cina erano le 4:30 del mattino del 24 novembre, si sono accesi i motori del vettore Lunga Marcia 5, che, con una spinta leggermente superiore ai 10 MN, lo rendono di fatto il razzo più potente della flotta cinese. I motori avviati in partenza sono 8 di tipo YF-100 a RP-1 e ossigeno liquido (2 per ognuno dei 4 booster laterali) e 2 di tipo YF-77 a idrogeno e ossigeno liquidi (per il primo stadio). I booster, che fornivano la spinta maggiore, hanno portato il razzo fuori dall’atmosfera e dopo 3 minuti circa, esaurito il carburante, si sono staccati dallo stadio principale e sono precipitati in mare. Poco dopo è stata espulsa anche l’ogiva che proteggeva la sonda. Il primo stadio ha continuato per poco più di altri 5 minuti ad accelerare la sonda, mantenendo accesi i suoi motori meno potenti ma più efficienti nel vuoto dello spazio rispetto a quelli dei booster. Terminato il suo compito si è separato dal secondo stadio ed è rientrato anch’esso nell’oceano. Il secondo stadio ha completato l’inserimento in orbita terrestre e dopo una fase di controlli ha riacceso i motori per l’inserimento in una traiettoria verso la Luna (TLI, Transfer Lunar Injection).

Rispetto alle missioni precedenti del programma CLEP, questa è la prima che ha i giorni contati sin dalla partenza. Le varie parti della sonda sono alimentate a pannelli fotovoltaici e non possono sopravvivere alla lunga notte lunare che dura 14 giorni sulla superficie con una temperatura che scende abbondantemente sotto i −100 °C. Poiché il Sole sorge nel sito di atterraggio il 27 novembre e tramonta l’11 dicembre, in questo intervallo di tempo la sonda deve atterrare, prelevare i campioni e ripartire. Una volta in orbita non ci sono problemi di raffreddamento eccessivo e l’approvvigionamento di energia elettrica tramite i pannelli è garantita per la maggior parte del tempo. La sonda non scenderà interamente sulla superficie, ma le varie parti funzionali che la compongono svolgeranno ognuna un ruolo diverso per il completamento della missione.

Schema di Chang’e 5 con le 4 unità funzionali. Credit: CNSA.

Andando a esaminare come è costituita la sonda Chang’e 5, si vede a colpo d’occhio che è in realtà una serie di varie parti impilate in modo poco fotogenico. Partendo dal basso verso l’alto troviamo dapprima il modulo di servizio, con i motori e gli attuatori per il trasferimento per e dalla Luna, poi il modulo di rientro, nascosto da una copertura protettiva, un lander riconoscibile dalle zampe che sembrano sporgere dal profilo della sonda e infine in cima un piccolo modulo di risalita. Il tutto ha una massa complessiva di circa 8.200 kg.

Nei prossimi giorni la sonda proseguirà il suo lungo viaggio verso la Luna, che durerà poco più di 4 giorni e mezzo. Una volta completato l’inserimento in orbita lunare si separerà in due parti: modulo di servizio e di rientro resteranno in orbita, lander e modulo di risalita si avvieranno verso la superficie. Le operazioni sulla superficie dureranno presumibilmente un paio di giorni. L’atterraggio è previsto per il 29 novembre. Tutte le manovre possono ovviamente subire ritardi a causa di imprevisti, ma c’è un po’ di tempo di riserva per eventuali correzioni. Una volta acquisito e stivato il campione di suolo, il modulo di risalita accenderà i motori separandosi dal lander, che resterà per sempre inerte sulla superficie avendo ormai esaurito il suo compito. Questa è considerata una manovra ad alto rischio, in quanto l’agenzia spaziale cinese (CNSA) non ha mai tentato prima d’ora il decollo di una sonda robotica dalla superficie di un altro corpo celeste.

Quando il modulo di risalita sarà rientrato in orbita, si tenterà per la prima volta in assoluto un’operazione di docking automatico in orbita lunare. Verrà cioè effettuato l’aggancio tra due robot orbitanti senza l’ausilio di un operatore. Un’operazione simile in orbita lunare è stata già effettuata ai tempi delle missioni Apollo, ma erano presenti degli astronauti in entrambe le parti a supportare la manovra. Una volta assicurato il carico, Chang’e 5 potrà tornare a Terra. Per limitare i rischi della missione, questa operazione è stata già testata in precedenza con la missione Chang’e 5-T1. A suo tempo, nel 2014, si inviò una sonda in orbita lunare esclusivamente per testare il rientro a Terra dalla Luna, infatti i moduli di rientro di Chang’e-T1 e Chang’e 5 sono uguali.

Durante la fase di rientro, a circa 5.000 km di quota dalla superficie terrestre, il modulo di servizio abbandonerà il modulo di rientro e lascerà nuovamente la Terra. La capsula diretta verso l’atmosfera, invece, seguirà una traiettoria con un angolo molto piccolo rispetto all’atmosfera, tanto da rimbalzare in un primo momento all’impatto come un sassolino piatto che salta sul pelo dell’acqua se lanciato opportunamente. Questa manovra serve a rallentare preventivamente la capsula per evitare un rientro a una velocità che ne comprometterebbe l’integrità strutturale. Una volta rientrata in atmosfera, la capsula proseguirà verso la superficie e atterrerà in una regione della Cina settentrionale chiamata Mongolia Interna, più precisamente nella bandiera di Dorbod. Il rientro dovrebbe avvenire presumibilmente il 16 dicembre. Da lì i campioni verranno portati in siti specializzati per le analisi.

A differenza delle missioni precedenti del programma, gli strumenti scientifici a bordo saranno ridotti, essendo lo scopo della missione relegato al prelievo di campioni. La CNSA si è precedentemente avvalsa di collaborazioni internazionali per il successo delle proprie missioni, e anche in questo caso l’ESA fornirà il suo aiuto con l’infrastruttura ESTRACK a Terra. Durante il volo di crociera verso la Luna le antenne di Kourou, in Guiana francese, seguiranno la sonda in zone che la fitta rete cinese non riuscirà a coprire, oltre a fornire un rapido collegamento di backup in caso di malfunzionamento di antenne cinesi. Durante il viaggio di ritorno sarà il centro di Maspalomas (nelle isole Canarie) a garantire la copertura radio.

La missione è molto ambiziosa e ad alto rischio. La possibilità di imprevisti o malfunzionamenti è concreta e fortemente analizzata dal team di preparazione di CNSA, poiché la missione testerà di fatto alcune manovre mai effettuate in precedenza. In caso di fallimento la Cina ha già pronta la sonda Chang’e 6, missione di backup di Chang’e 5, che replica in tutto e per tutto la sonda originaria a cui verranno eventualmente apportate modifiche alle componenti che hanno compromesso la missione.

In caso di successo, sarà il decimo recupero di campioni lunari, il primo dopo più di 40 anni. Agli inizi degli anni 1970, infatti, ben 6 missioni statunitensi Apollo e 3 missioni sovietiche Luna riportarono in patria campioni di suolo lunare, ma poi l’interesse per il nostro satellite scemò e non si intrapresero più missioni simili. La missione Chang’e 6, se non servirà più come backup, verrà ridiretta a un’altra destinazione, probabilmente nei pressi del polo sud lunare, e la terza fase del programma CLEP si potrà dichiarare un successo.

Oltre ai dettagli tecnici c’è un’altra considerazione da fare. Questa è la prima missione cinese che ha avuto copertura mediatica internazionale in diretta. È davvero raro ottenere informazioni in tempo reale quando si tratta di un lancio spaziale dell’agenzia cinese, tanto meno seguire in qualche modo un video in diretta del lancio. Questa volta la TV ufficiale di stato ha rilasciato ben due dirette del lancio, una in cinese e una in inglese per il pubblico internazionale. E non semplici video, ma dei programmi ben organizzati con ospiti esperti del settore che descrivevano la missione e gli eventi in corso. C’è stato un vivo apprezzamento della comunità internazionale per la copertura e i servizi al pubblico forniti in questa occasione.

La diretta dell’evento in inglese.

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