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Via libera alla costellazione Kuiper di Amazon

Logo Amazon Kuiper

Il logo della costellazione Kuiper che verrà realizzata da Amazon, l'azienda di Jeff Bezos (C) Amazon Blog

Il 30 luglio 2020, la FCC (Federal Communications Commission), la Commissione Federale per le comunicazioni degli Stati Uniti d’America, ha approvato l’ambizioso progetto Kuiper di Amazon.
Grazie a cinque voti favorevoli e nessuno contrario, l’agenzia governativa americana ha dato il via libera alla realizzazione di una rete di 3236 satelliti per fornire una copertura globale internet a banda larga.

La decisione della FCC è un passo normativo fondamentale per rendere concreto l’investimento di oltre dieci miliardi di dollari per la messa in orbita della costellazione, che dovrà competere con gli altri due principali protagonisti della nuova era dei servizi internet dallo spazio: SpaceX (con la costellazione Starlink) e OneWeb.

I dieci miliardi di dollari necessari per realizzare il progetto non saranno utilizzati solo per portare in orbita bassa (LEO, Low Earth Orbit) i satelliti, ma anche per creare l’infrastruttura di comunicazione a terra, accelerare le fasi di test e di produzione e per fornire un terminale di connessione alla rete a prezzi accessibili.

Kuiper si propone di fornire un servizio internet ad alta velocità e bassa latenza grazie al dispiegamento in orbita bassa di 3236 satelliti disposti su 98 differenti piani orbitali ad una quota compresa tra 590 km e 630 km. Secondo l’ordine di approvazione della FCC, Amazon prevede di schierare Kuiper in cinque fasi con l’attivazione iniziale del servizio dopo il lancio dei primi 578 satelliti.

L’azienda si è inoltre impegnata a lanciare almeno metà della sua costellazione entro il 30 luglio 2026, mentre la restante parte dei satelliti dovrà essere immessa in orbita e diventare operativa entro il 30 luglio 2029, pena la perdita della licenza fornita dalla FCC.

Amazon deve anche presentare un piano operativo per mitigare il rischio derivato dalla produzione di detriti orbitali (un problema ormai sempre più importante, privo di una soluzione e di un regolamento internazionale condiviso) al fine di rispettare le linee guida fornite dalla NASA. Queste prevedono un periodo di tempo di 25 anni per rimuovere un satellite in orbita, mentre Amazon prevede di deorbitare i satelliti Kuiper entro 355 giorni dopo il completamento della loro missione operativa.

Proprio su questo aspetto la FCC sostiene che la società non “ha presentato informazioni specifiche riguardanti alcuni elementi necessari” per il suo piano di gestione e rimozione di detriti orbitali. SpaceX ha inoltre fatto notare all’ente americano che gestisce le comunicazioni, come la società di Bezos non abbia né presentato un’analisi di rischio, come richiesto dall’agenzia governativa, né uno studio in merito utilizzando il software di valutazione dei detriti fornito dalla NASA (NASA’s Debris Assessment Software). Una delle preoccupazioni principali infatti, è che una costellazione di queste dimensioni possa portare allo sviluppo di collisioni in orbita, creando di conseguenza detriti che potrebbero minacciare la vita operativa di altri satelliti.

Il miliardario Jezz Bezos, proprietario e fondatore di Amazon e Blue Origin, mentre ispeziona il razzo New Shepard sulla rampa di lancio in Texas. Credit: Blue Origin

Amazon non è ovviamente la sola azienda che mira alla realizzazione di una grande costellazione di satelliti al fine di fornire connettività a banda larga dallo spazio. Il più importante tra i concorrenti è SpaceX, che ha ottenuto l’approvazione da parte della FCC per lanciare quasi 12.000 satelliti per il suo progetto Starlink. Finora, l’azienda di Musk ne ha lanciati più di 500 e ha intenzione di iniziare una prima fase di beta test della propria costellazione entro l’anno. Il terzo protagonista sulla scena invece, OneWeb, dopo aver portato in orbita 74 dei 650 satelliti previsti, ha presentato istanza di fallimento. La società inglese ha subito ingenti perdite a causa della pandemia globale, ma è stata recentemente salvata da un consorzio costituito dal governo britannico e dalla società di telecomunicazioni indiana Bharti Global.

Fonti: Amazon, Parabolic Arc

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