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Capsula e booster del New Shepard sopravvivono al test del sistema di fuga

Credit: Blue Origin

Dopo cinque voli e altrettanti atterraggi, il booster del New Shepard si è guadagnato un meritato “pensionamento”, superando la prova più difficile: l’in-flight escape test, ossia il test del sistema di fuga della capsula per l’equipaggio, conclusosi con pieno successo per entrambe le componenti del veicolo suborbitale di New Origin, rientrate integre a terra.

Nella prospettiva di certificare la completa sicurezza del New Shepard, destinato al turismo spaziale e alla sperimentazione scientifica, la missione odierna aveva l’obiettivo di dimostrare la capacità della capsula di sopravvivere ad una avaria o ad una possibile esplosione del booster, allontanandosi rapidamente dal pericolo per poi atterrare dolcemente mediante i suoi paracadute.

La manovra faceva affidamento sul propulsore a combustibile solido di cui è dotato il modulo per l’equipaggio, capace di sviluppare una spinta di oltre 310.000 Newton. Il sistema era già stato sperimentato con successo nel 2012, quando fu simulata una fuga “da fermo”, ossia direttamente dalla piattaforma di lancio (ciò che in gergo si chiama pad abort test); in questa occasione si trattava di provarlo durante il volo, e nelle condizioni più difficili, ossia al momento in cui raggiungono la massima intensità le forze aerodinamiche che si oppongono all’ascesa del veicolo (il cosiddetto Max Q). Per un veicolo prodotto negli USA si trattava del primo test di questo genere dai tempi del programma Apollo, come ha ricordato orgogliosamente Jeff Bezos, fondatore di Blue Origin, presentando l’evento al pubblico.

Il New Shepard pronto per il lancio a T-10. Credit. Blue Origin

Il test, come i voli precedenti, si è svolto presso la base di Blue Origin nel Texas occidentale. Dopo un primo rinvio di 24 ore a causa delle condizioni meteo non favorevoli, il New Shepard si è staccato dalla piattaforma di lancio alle 11.36 ora locale (le 17.36 da noi), 46 minuti dopo l’orario previsto. Il ritardo è stato determinato da un lunga interruzione del conto alla rovescia, iniziata quando il cronometro segnava T-1:13. Un hold programmato, durante il quale vengono tra l’altro testati i movimenti delle “pinne” del veicolo e dell’ugello del BE-3, si è protratto oltre il previsto, per diversi minuti, lasciando letteralmente senza parole i conduttori della diretta live (anche questa volta, infatti, l’evento è stato diffuso in streaming), per il resto impeccabili.

La base del New Shepard al momento del primo hold. La pinna a destra sta ruotando. Su quella a sinistra si nota il 4 che indica il numero di voli completati con successo (Credit: Blue Origin)

Superata l’ipotesi di un nuovo scrub, i tecnici di Blue Origin hanno deciso di riportare il countdown a T-15:00, ripetendo le operazioni che precedono immediatamente il lancio, che questa volta è avvenuto regolarmente.

Lo scopo del test era stato ben chiarito dal suo primo annuncio e i commentatori della diretta lo hanno ripetutamente sottolineato: si trattava di collaudare il sistema di fuga e il successo della missione sarebbe stato raggiunto se il modulo per l’equipaggio si fosse posato a terra intatto. Ciononostante, l’interesse di molti degli appassionati che seguivano l’evento era probabilmente più rivolto al destino del booster che alla capsula. D’altra parte, anche nei voli precedenti, il momento più spettacolare era stato l’atterraggio del razzo.

Che poi oggi avesse realmente luogo un atterraggio non era per nulla scontato. Come Bezos aveva apertamente dichiarato, probabilmente anche per creare ad arte una maggior curiosità nel pubblico, le simulazioni svolte al computer da Blue Origin, non davano nessuna garanzia che il booster potesse evitare di finire fuori controllo. Il doversi trovare nel giro di pochi instanti in differenti condizioni aerodinamiche e di peso per l’espulsione della capsula e investito dalla spinta del propulsore di fuga, diretta su un asse divergente dalla traiettoria di volo – e il tutto nel momento impegnativo del Max Q – non sembrava lasciargli scampo.

I margini di manovra erano piuttosto contenuti: il New Shepard, infatti, è dotato di un sistema di sicurezza denominato TTS (Thurst Termination System) che spegne il propulsore BE-3 se il razzo si allontana dalla traiettoria prestabilita. Se l’attivazione della procedura di fuga avesse deviato il booster oltre certi limiti, il TTS sarebbe entrato in azione, condannandolo a schiantarsi al suolo.

Dopo il liftoff, a T+6 secondi circa, il New Shepard si è innalzato, come da programma per 39 secondi, raggiungendo una quota di circa 4.900 metri e una velocità di 766 km/h. A quel punto (il cronometro segnava T+45) è stato azionato il comando a distanza del sistema di fuga e una nuvola di fumo ha nascosto il booster alla vista.

Il momento del dell’attivazione del sistema di fuga. (Credit: Blue Origin)

Mentre la capsula si allontana (a sinistra) il booster riappare perfettamente stabile (a destra). (Credit: Blue Origin)

Solo un paio di secondi dopo mentre la capsula si allontanava rapidamente, il razzo riappariva procedere sicuro sulla sua traiettoria originaria, apparentemente indisturbato da quanto era avvenuto. La stabilità con cui si muoveva verso il suo apogeo, contrastava anzi con le preoccupanti oscillazioni che compiva la capsula, esaurita la spinta del propulsore. Non è apparsa certamente invidiabile la condizione di un ipotetico equipaggio che dopo aver subito due secondi di fortissima accelerazione si fosse trovato ad essere sballottato a quel modo, come in balia del vento, fino a che non si sono aperti i paracadute pilota.

La capsula inclinata di 90° (a sinistra) mentre il booster si allontana tranquillamente (a destra). (Credit: Blue Origin)

Poco prima dell’apertura dei paracadute la capsula compie una completa capriola (Credit: Blue Origin)

I tre paracadute principali hanno rallentato poi la discesa, fino all’impatto dolce, nella nuvola di sabbia sollevata dal retrorazzo, dopo un volo durato complessivamente poco più di quattro minuti.

Il booster dopo il suo ultimo atterraggio nel deserto del Texas (Credit: New Shepard)

Tre minuti dopo, con la stesso misurato controllo dei suoi movimenti mostrato nelle precedenti occasioni, il razzo completava la sua discesa riaccendendo il propulsore BE-3 ed atterrando per la quinta volta. “È un diavolo di booster”, è stato il commento twittato dal Bezos, insieme al video che mostra il momento del distacco della capsula.

Come si è detto, il primo razzo che abbia raggiunto lo spazio e sia riatterrato sulla terra non correrà il rischio di altri voli, ma diventerà un cimelio da esposizione. Stesso destino spetterà alla capsula, che ha già compiuto ben sette missioni. All’inizio del 2017, probabilmente, debutteranno un nuovo booster ed una vera capsula per equipaggio, dotata delle sei grandi finestre alte un metro dalle quali presto si affacceranno allo spazio i primi astronauti di Blue Origin.

Ecco il video completo della diretta. L’inizio è ad 14:56. Il liftoff a 1:06.00.

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