Atomi, orologi e satelliti

(C) ITU

I satelliti e il tempo

La storia della navigazione è intrecciata, da sempre, con la storia degli orologi. Allo stesso modo, la storia dell’esplorazione e  navigazione spaziale è legata allo sviluppo di orologi in grado di funzionare nello spazio in modo estremamente preciso. Questi orologi servono in alcuni casi per il funzionamento stesso dei satelliti (pensiamo alle sonde verso il Sistema Solare esterno), in altri per le telecomunicazioni e la misura della distanza (ranging), e ovviamente sono basilari per i satelliti dei sistemi di navigazione come GPS, Glonass o Galileo.

Gli orologi di precisione nei satelliti artificiali

Un modello di uno dei satelliti della costellazione Transit – © Wikimedia Commons

Storicamente, gli orologi di precisione usati sui satelliti, anche per la navigazione navale (ad esempio la costellazione Transit, 1959) sono stati dei campioni di frequenza al quarzo.

Qualunque orologio è composto da due parti: un oscillatore (ad esempio la rotazione della Terra, un pendolo, bilanciere, diapason, atomo) e un contatore che conta le oscillazioni (gli ingranaggi e la scala del vostro orologio da polso, un contatore elettronico).

L’accuratezza di un orologio, ovvero la capacità dello stesso di mantenere un piccolo errore nella misura del tempo, dipende dalla stabilità dell’oscillatore.

Un oscillatore al quarzo © changpuak.ch

L’oscillatore a quarzo, divenuto famoso con l’avvento degli orologi da parete o da polso controllati al quarzo negli anni ’60, è ancora un oscillatore meccanico. Una lastrina di quarzo o di un altro materiale piezoelettrico, cioè che sviluppa una carica elettrica se deformato meccanicamente, viene tenuta in oscillazione ad alta frequenza da un sistema elettronico. Sono milioni di oscillazioni al secondo, ma sempre meccaniche, legate alla deformazione del cristallo di quarzo. Essendo legato a costanti meccaniche (modulo di elasticità del quarzo, accelerazione e vibrazioni, temperatura, contaminazioni ambientali) è comunque impreciso, soggetto a invecchiamento e a disturbi di vario tipo. In compenso ha un comportamento prevedibile nel lungo termine, una lunga durata ed un consumo energetico piuttosto basso, nell’ordine di pochi watt.

Basati sul medesimo principio sono gli “USO” (Ultra Stable Oscillator) impiegati in praticamente tutte le missioni spaziali scientifiche. Questo, ad esempio, è l’USO del Mars Global Surveyor:

© NASA

L’avvento degli orologi atomici

A partire dagli anni ’50 una grande rivoluzione ha cambiato il modo di fare metrologia del tempo. Gli sviluppi della tecnica, combinati con la ricerca in spettroscopia e fisica quantistica, hanno permesso di realizzare campioni di frequenza dove l’oscillatore è un atomo (o meglio, un insieme di atomi) di una sostanza chimica.

Dal 1967 il secondo ed il metro sono definiti da particolari caratteristiche dell’atomo di cesio, e l’orologio usato da migliaia di anni (la rotazione della Terra sul proprio asse) è stato abbandonato.

Ma come funziona un orologio atomico? Questo fu uno dei primi, al National Institute of Standards and Tecnology (NIST) di Boulder, Colorado, negli Stati Uniti.

© nist.gov

La fisica quantistica e poi la spettroscopia atomica ci insegnano che i salti di energia degli elettroni in un atomo sono quantizzati, ovvero possono assumere solo valori ben precisi. In particolare, l’atomo di cesio (Cs133) presenta una particolare transizione di stato quando è esposto ad un segnale a radiofrequenza nella gamma delle microonde, in particolare a 9.192.631.770 hertz.

L’elettronica dell’orologio quindi genera questa frequenza partendo da un oscillatore (a quarzo) a frequenza più bassa; gli atomi di cesio vengono irradiati col segnale a microonda, e “interrogati” sul proprio stato (quantistico, di spin) dopo l’esposizione. A seconda del risultato la frequenza di interrogazione viene variata in più o in meno, fino ad essere “agganciata” alla risonanza dell’atomo. Spiego il funzionamento dell’aggancio più sotto, parlando del rubidio.

Et voilà, fatto il campione atomico! Il tutto si svolge in un “tubo” lungo circa 30 cm, dove un fascio di atomi di cesio esce da un forno, viene indirizzato in un campo magnetico, per essere poi investito dalle microonde in una zona di interazione, e infine interrogato sul proprio stato da uno spettrometro di massa.

Nell’immagine qui sotto vediamo il tubo di un campione al cesio di Hewlett Packard, risalente agli anni ’70 e fotografato all’INRIM a Torino.

© M. Bruno

Orologi al cesio e rubidio

Il campione atomico al cesio è molto adatto alla realizzazione in laboratorio di un “orologio” per ottenere un secondo campione, ma c’è un problema: la durata massima di un tubo al cesio va dai 7 ai 10 anni. Inoltre è piuttosto esigente dal punto di vista energetico, poiché per funzionare richiede diverse decine di watt di alimentazione. Per questi motivi ha avuto un utilizzo relativamente ridotto nelle missioni spaziali, dove viene impiegato come componente negli gli orologi dei satelliti GPS.

Ogni satellite GPS ha a bordo quattro orologi, due al cesio e due al rubidio. Gli orologi al rubidio sono meno precisi di quelli al cesio, risentono maggiormente dei disturbi ambientali e sui GPS sono usati come riserva. In compenso però sono molto economici per le applicazioni terrestri, hanno lunga durata ed offrono una precisione di un solo ordine di grandezza inferiore a quella ottenibili con i campioni al cesio.

Il funzionamento di un campione al rubidio è simile a quello del campione al cesio: il rubidio in forma gassosa è contenuto in una cella in vetro ed è eccitato dalla luce generata da una lampada a rubidio. La cella contenente il gas è esposta ad un segnale a microonde, questa volta a 6.834.682.610,904 hertz. Se la frequenza è quella esatta, il gas assorbe un po’ di luce in più,  l’elettronica di controllo mantiene la frequenza di interrogazione sul punto di massimo assorbimento da parte del gas di rubidio, e così si ottiene un campione atomico di frequenza. Per i fisici, questo è il diagramma dei livelli di energia dell’atomo di rubidio. La transizione iperfine A-B è quella utilizzata.

© Hans, DL2MDQ and Juergen, DD6UJS

 

L’interno di un orologio al rubidio © changpuak.ch

La tendenza attuale è di creare campioni al rubidio più stabili, a “pompaggio ottico”, molto durevoli e a basso consumo energetico. Nella figura qui sopra possiamo vedere come è fatto l’interno di un orologio al rubidio, che si trova comunemente nel surplus elettronico. A destra c’è la lampada, al centro la cella con il gas di rubidio, a sinistra il rivelatore. Il tutto in una scheda di soli 10x13x4 centimetri. Ecco un diagramma del funzionamento:

© Hans, DL2MDQ and Juergen, DD6UJS

Un oscillatore a quarzo (immaginatelo come un pendolo molto veloce) genera un segnale a 20 megahertz, poi diviso a 10 megahertz. Da questo segnale viene generato il segnale a microonde di cui parlavamo poco sopra, con frequenza di circa 6,834 gigahertz, che viene applicato alla cella contenete il gas di rubidio. Il gas è eccitato dalla luce proveniente dalla lampada a sinistra. la luce attraversa la cella, e viene raccolta dalla fotocellula a destra. La quantità di luce cambia quando la frequenza a microonde causa la transizione di stato degli atomi di rubidio, cioè quando corrisponde esattamente alla loro frequenza di risonanza. Misurando la luce che attraversa il gas, il “SERVO” mantiene l’oscillatore centrato sulla frequenza esatta di 20 megahertz, che produce poi esattamente il segnale a microonde che va a stimolare gli atomi.

È come se un orologio molto preciso regolasse continuamente il poco preciso pendolo, per fargli tenere esattamente il passo. Il segnale di uscita a 10 megahertz viene poi diviso per 10.000.000, ottenendo esattamente un impulso ogni secondo. Abbiamo così ottenuto l’unità fondamentale della nostra scala di tempo.

Il funzionamento degli altri campioni di frequenza atomici è simile a questo, che è uno dei più semplici.

I maser all’idrogeno

Un altro tipo di campione di frequenza di cui gli appassionati di spazio hanno probabilmente sentito parlare è il maser a idrogeno. Maser sta per Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiation. Se sostituite la M con una L avete il laser, a tutti noto. Il maser è nato prima, ed è un sistema in cui atomi di qualche sostanza vengono stimolati ad emettere radiazione a microonde, e agiscono come un tutt’uno, in quanto ogni atomo raccoglie la radiazione emessa da un altro e la rinforza.  Il processo continua fino ad ottenere un segnale misurabile.

Tanto il principio si descrive con facilità, tanto la realizzazione pratica si rivela decisamente complessa. I maser ad idrogeno sono oggetti capricciosi, e alcuni dettagli delle tecniche di realizzazione sono segreti industriali ben custoditi dai pochi produttori.

Questi dispositivi però promettono di dare prestazioni a lungo termine estremamente buone, e infatti i satelliti di navigazione del sistema Galileo usano due campioni al rubidio e due maser a idrogeno su ogni satellite. Esistono maser a idrogeno attivi e passivi. Quelli sui satelliti Galileo sono passivi, mentre quelli che all’INRIM contribuiscono alla scala di tempo sono attivi. La differenza non è essenziale per questa descrizione; i maser attivi sono più ingombranti e consumano di più.

© ESA

Precisione e stabilità

È arrivato il momento di “dare i numeri”, cioè di provare a farci un’idea delle accuratezze raggiungibili con i vari tipi di orologio. Gli orologi da polso hanno un’accuratezza di alcune parti in 106, che corrispondono a qualche secondo ogni mese. Un buon campione al quarzo, per esempio quello che si trova all’interno dei termostatati, perde un secondo ogni 109 secondi, pari tre centesimi di secondo ogni anno. Un campione al rubidio di alta qualità ha uno scarto di 1 secondo ogni 1011, cioè di  un secondo in 30.000 anni. I campioni primari al cesio hanno accuratezze espresse in parti su 1014, in altre parole 1 secondo in 30 milioni di anni. I migliori orologi a fontana di cesio arrivano a una “imprecisione” pari a 2 secondi ogni 1016, cioè 1 secondo in 300 milioni di anni. Gli orologi sperimentali a itterbio promettono un ulteriore miglioramento di circa un fattore 10. Nella figura qui sotto possiamo vedere l’orologio a itterbio dell’INRIM.

© INRIM, F.Bregolin

Conclusioni

Dagli anni ’60 la misura del tempo è stata svincolata dal “pendolo” rappresentato dal modo di rotazione della Terra, misurata con mezzi ottici (telescopi). La rotazione terrestre è troppo imprecisa per i nostri usi tecnologici, e siccome la Terra rallenta progressivamente il proprio moto di rotazione mentre la scala atomica resta invariata, corriamo il rischio è di trovarci con un’ora ufficiale (atomica) avanti rispetto all’ora astronomica di un tempo sempre più rilevante.

Attualmente la scala di tempo civile (UTC), quella del segnale orario per intenderci, è indietro di 37 secondi rispetto alla scala TAI (Tempo atomico internazionale). Ogni tanto viene introdotto un “secondo intercalare”, di solito alla mezzanotte del 31 dicembre; ma di questo passo i problemi di gestione dell’ora e data, specialmente per i sistemi informatici, aumentano.

Ci si può chiedere a cosa serva tutta questa precisione. Anzitutto, la precisione è essenziale per i segnali di navigazione. I ricevitori GPS, Glonass, Galileo ecc misurano una differenza di tempo nell’arrivo dei segnali dei satelliti, che devono però essere tutti sincroni.

Un errore di tempo di un milionesimo di secondo si traduce in un errore di posizione di 300 metri, che è lo spazio che l’onda elettromagnetica percorre in quella minuscola frazione di secondo. Per questo motivo gli orologi dei satelliti devono essere continuamente regolati e tenuti in passo. Un orologio più preciso (cioè stabile nel tempo) riduce le operazioni di controllo.

La ricerca scientifica, poi, richiede sempre maggiore precisione per misure geodetiche e radioastronomiche. In radioastronomia è fondamentale il “timestamping“, ovvero la marcatura temporale degli eventi per permettere la successiva correlazione dei segnali ricevuti da radiotelescopi diversi. È proprio la disponibilità di orologi ultraprecisi che ha ha permesso lo sviluppo della rete radioastronomica VLBI.

Lo stesso problema è affrontato a terra dalle stazioni riceventi dei satelliti, in cui orologi controllati da maser attivi all’idrogeno vengono usati per fare il timestamping dei dati ricevuti dalle sonde in viaggio nello spazio.

Infine anche la metrologia beneficia dei segnali temporali ad alta precisione, dato che dal secondo dipendono molte altre grandezze primarie di particolare accuratezza.

Maser all’idrogeno MHM 2010 – © Microsemi

Fin dai tempi di S. Agostino, il Tempo è quella cosa che sappiamo tutti cosa sia, finché non ci viene chiesto di definirla. Ma è anche la grandezza fisica che misuriamo con maggiore precisione, e in Italia siamo attori molto importanti in questo delicato settore, sia a Terra, sia nello spazio.

Bibliografia

Il tempo è atomico. Breve storia della misura del tempo. Davide Calonico, Riccardo Oldani – ed. Hoepli

https://www.nist.gov/news-events/news/2016/11/nist-debuts-dual-atomic-clock-and-new-stability-record

https://www.inrim.it/ricerca-sviluppo/spazio-e-tempo/tempo-e-frequenza

http://www.esa.int/Our_Activities/Navigation/Galileo/Galileo_s_clocks

https://www.esa.int/Our_Activities/Navigation/How_the_Galileo_atomic_clocks_work

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Commenti

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6 Risposte

  1. Michele Dalla Longa ha detto:

    Ottimo articolo! Chiaro ed esaustivo.
    Complimenti!

  2. Costantino Meloni ha detto:

    Salve nell’esempio del pendolo veloce, la frequenza a microonde è di 6,834 GHz non di
    6.834 GHz
    Saluti.

  3. Nicola ha detto:

    Bellissimo articolo! Complimenti