Previsti rincari per le assicurazioni “spaziali”

L’incidente che ha coinvolto lo scorso I settembre un Falcon 9 di SpaceX e che ha comportato la perdita di un satellite da 200 milioni di dollari avrà gravi ripercussioni sulle politiche dei prezzi che le compagnie di assicurazione hanno praticato negli ultimi 20 anni riguardo le attività pre-lancio.
Tuttavia, il mercato “tradizionale” delle assicurazioni spaziali, ovvero le polizze che coprono la missione dal momento dell’accensione del vettore sino all’immissione in orbita definitiva del satellite, non dovrebbe risentirne, in quanto gestito da rami differenti delle compagnie. Anzi, nel settore vi è preoccupazione per il costante trend al ribasso dei premi di queste polizze, tanto che un singolo incidente ad un Ariane 5 con due satelliti a bordo equivarrebbe, da solo, al cumulo di tutti i premi pagati dal mercato.
Di norma, le attività pre-lancio (ricordiamo che il Falcon 9 è esploso durante un test di accensione statica) sono assicurate da compagnie operanti nel settore dei trasporti e/o marittimo. Gli analisti temono che queste compagnie non abbiamo esaminato con attenzione il mercato prima di offrire le loro polizze, e qualcuno giunge a dubitare che gli assicuratori fossero al corrente che le polizze coprivano anche i test statici di accensione, o il prezioso carico pagante del missile assicurato. Un altro esempio di cospicui danni riportati prima del decollo è rappresentato dall’incidente occorso al Superbird-8/DSN-1 giapponese mentre era in transito verso il poligono di lancio.
È dunque probabile che si assista ad un incremento dei premi per le coperture pre-lancio, forse anche del 100%. D’altro canto, l’intero mercato di queste polizze vale solo 10-12 milioni di dollari di premi annui al momento: è evidente che esiste una enorme disparità fra i premi pagati e l’entità dei possibili danni da rifondere.

È per questo motivo che le compagnie che normalmente offrono l’assicurazione per il “volo” del missile (come il broker Marsh) si tengono preferibilmente ben lontane dal mercato del pre-lancio, concentrandosi sulle attività post-decollo. In questo particolare ambito il 2016 è stato un anno eccezionalmente tranquillo per le compagnie: nel corso del 2016 non vi è stata alcuna richiesta di rimborso danni (anche se una potrebbe infine arrivare, in relazione ai probelmi di Intelsat IS-33e che non ha raggiunto la prevista orbita operativa e quindi resterà in funzione meno del previsto).
Al momento, il premio per assicurare la fase operativa della missione è al suo minimo storico, intorno al 5% (questo ci dice che gli assicuratori si aspettano un fallimento ogni 21 lanci almeno, in media); 10 anni fa, il costo dei premi era più elevato di ben il 60%. La causa di questi prezzi bassi è la serie positiva inanellata da Ariane 5, che non fallisce un lancio dal lontano 2002 e che ha attirato in questo mercato molti nuovi operatori, fiduciosi di potersi ritagliare uno spazio in un settore che stava diventando “a basso rischio”.
Ovviamente, le tariffe variano in base ad una sorta di “bonus malus” dello spazio. Non sorpende dunque apprendere che i lanci di SpaceX vengono assicurati a prezzi leggermente superiori rispetto a quelli di Ariane, mentre lo sfortunato Proton russo richiede un premio triplo rispetto a quello del collaudato vettore europeo.
Il risultato di questi premi ribassati è stato un 2015 in sostanziale pareggio per le compagnie che assicurano i lanci spaziali, che hanno dovuto coprire le perdite di MexSat (Proton, 390 milioni di dollari), EgyptSat-2 (75 milioni) e della capsula cargo Dragon (circa 40 milioni). Se il 2016 si concluderà, effettivamente, senza incidenti, il mercato globale dei premi assicurativi spaziali dovrebbe assestarsi tra i 450 ed i 600 milioni di dollari (l’incertezza è legata al ritorno ai voli di SpaceX dopo l’incidente di settembre). Sarà comunque un record negativo per il settore.
Anche le estensioni di copertura delle polizze registrano premi in caduta libera. Normalmente il contratto iniziale copre il primo anno di vita del satellite; gli anni operativi successivi possono essere assicurati con premi dello 0,4% (pochi anni fa la percentuale era sei volte più alta). Anche in questo caso i premi sembrano essere completamente insufficienti a coprire i rischi: la perdita in orbita del satellite Amos-5, nel 2015, ha portato ad una richiesta di risarcimento di circa 160 milioni di dollari, ed ha, da sola, spazzato via due anni di premi complessivi pagati per queste assicurazioni.
La guerra dei prezzi starebbe dunque mettendo in serio pericolo l’intero settore: mentre un tempo una compagnia media poteva assorbire 2 o 3 lanci falliti all’anno e restare comunque in utile, ora ci troviamo in uno scenario in cui 2 vettori esplosi possono portare in perdita non una compagnia, ma l’intero mercato.
Ad aumentare i timori degli operatori c’è il fatto che nei prossimi anni assisteremo ad un ricambio generazionale mai visto prima nel modo dei razzi commerciali: moltissimi nuovi modelli prenderanno il posto di vettori vecchi (e collaudati), aggiungendo un elemento di incognita al panorama già poco entusiasmante sin qui delineato.

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017