Proseguono le indagini sull’incidente durante la EVA-35

Tim Peake durante la EVA-35 (C) NASA

NASA continua ad investigare sull’incidente avvenuto durante la EVA 35 lo scorso 15 Gennaio, che ha visto coinvolto l’astronauta Tim Kopra. Quest’ultimo, accortosi quasi subito della presenza di una bolla d’acqua nel proprio casco, ha immediatamente segnalato l’anomalia a Houston, da cui è stato dato l’ordine di rientrare, memori dell’esperienza avuta con Luca Parmitano. La passeggiata spaziale dell’astronauta NASA  e del collega Tim Peake è dovuta terminare due ore prima del previsto, per motivi di sicurezza.

Secondo una prima indagine, il problema sarebbe stato dovuto ad una perdita all’interno del  sublimator nella tuta EMU-3011, la quale farà ritorno sulla Terra al termine della prossima missione Dragon di SpaceX, denominata CRS-8. La tuta spaziale è stata ispezionata accuratamente, durante le procedure post-EVA, anche attraverso lo studio di campioni che sono stati riportati sulla Terra durante il ritorno dell’astronauta Scott Kelly.  L’ispezione è durata per ben sei ore per accertarsi della mancanza di fori nella tuta. Tuttavia, una settimana dopo la EVA, è stata osservato un foro in corrispondenza del LCVG (Liquid Cooling and Ventilation Garment) nel tubo per il passaggio dell’acqua. Purtroppo, la procedura di riprodurre il foro in fase di test attraverso la iodurazione non ha dato gli esiti sperati, inducendo quindi gli esperti NASA a cercare altrove la causa del problema.

Per poter sfruttare la conoscenza da parte di NASA delle EMU, è stato nominato un Problem Resolution Team, con un’attenta investigazione riguardo i dettagli tecnici. Saranno anche valutate le “performance” della EMU-3011, sia a Terra che in orbita, e confrontate con quelle di altre tute, per comprendere se anche la più piccola differenza possa portare ad individuare quale sia stata la causa principale di acqua nel casco di Tim Kopra.

L’ultima ipotesi, ritenuta la più valida, riguarda il sublimator, dove l’acqua in eccesso riempie i tubi  (i cosiddetti “slurper tubes”), che permettono di far tornare l’acqua nel loop di raffreddamento. Un possibile fattore scatenante di questa fuoriuscita potrebbero essere le cosiddette “condizioni termiche” degli astronauti quando hanno iniziato la EVA: la temperatura corporea iniziale degli astronauti era superiore alla media, a cui è susseguito un momento di riposo. A quel punto il corpo umano richiede di “scaricare calore”, ed è stato in quel momento che il sublimator è stato sottoposto ad una condizione di stress, in cui il livello dell’acqua è iniziato a salire. Quindi gli esperti NASA sono quasi del tutto sicuri che sia questo il motivo dell’incidente.

Un’altra possibile causa potrebbe essere la contaminazione chimica del rivestimento idrofilo nell’impianto idraulico del sublimatore, per il modo in cui le  EMU vengono conservate nel PMM (Permanent Multipurpose Module) sulla ISS, insieme ad altri prodotti per l’igiene personale. L’effetto di alcuni agenti chimici sui rivestimenti idrofili è già cosa nota, ed è il motivo per cui ci sono regole molto rigide riguardo l’utilizzo di particolari prodotti da parte degli astronauti, come il dopobarba ed altre lozioni.

La prova del nove per queste indagini sarà analizzare la EMU direttamente dopo il suo ritorno sulla Terra. Il cargo prodotto da SpaceX possiede al suo interno una sezione speciale per poter contenere una tuta spaziale, all’interno della sezione pressurizzata.

L’obiettivo che NASA si pone è quello di poter terminare questa indagine entro Luglio. Qualora ci fosse qualche emergenza per la necessità di un’ EVA non programmata, a bordo della Stazione Spaziale sono presenti le EMU 3003, 3008 e 3010 pronte all’uso.

Fonti: NASA

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Valeria Parnenzini

Appassionata di spazio e tecnologia, collabora con AstronautiNEWS da Agosto 2015.