Curiosity: si lavora sul problema al computer

I tecnici sono impegnati nel portare avanti due lavori in contemporanea: da un lato viene effettuato il passaggio delle attività dal computer malfunzionante a quello di riserva, dall’altro si prosegue nell’indagine del guasto che ha provocato l’entrata in modalità sicura.

Richard Cook, project manager di MSL al JPL ha rilasciato a CBS news una intervista nella quale ha rassicurato sullo stato di avanzamento del “passaggio di consegne” fra i due elaboratori, ed ha confermato che l’attività scientifica dovrebbe riprendere a breve. Il rover è uscito dal safe-mode ed ha ricominciato ad usare l’antenna ad alto guadagno; occorreranno ancora alcuni giorni per completare il caricamento di files di configurazione e parametri sul computer B.

Ciò che è noto al momento è che il malfunzionamento è da ricondursi alla memoria a stato solido impiegata dal computer di Curiosity attivo in quel momento. I tecnici sospettano che una particella altamente energetica sia riuscita a superare le barriere protettive ed abbia alterato lo stato di uno o più indirizzi di memoria. Purtroppo la zona interessata è quella della directory, ove sono registrate le locazioni di tutti gli altri dati.
Se questa teoria risultasse corretta, il reboot del computer difettoso dovrebbe permettere di riscrivere i blocchi di memoria, cancellando di fatto il problema: il computer A diventerebbe allora il backup di quello B, attualmente in fase di attivazione.
Prima di tentare il reboot, tuttavia, i tecnici vogliono ridare energia al computer danneggiato senza caricare il software, in modo da esaminarlo come se fosse un banco di memoria aggiuntivo per la sola lettura dati. Se la lettura incontrerà un errore, allora si avrà la prova che la memoria è ancora danneggiata. In realtà, visto che la memoria è concepita per conservare i dati anche senza alimentazione, tutti si aspettano proprio questo risultato: la vera domanda è se sarà possibile riscrivere le zone danneggiate. Se così non sarà, i tecnici dovranno cercare più in profondità nel sistema elettronico.
Un reboot anticipato avrebbe invece l’effetto di cancellare ogni possibile traccia dell’esistenza delle aree di memoria danneggiate; con questo approccio, invece, si spera di poter leggere la memoria e localizzare il danno prima di decidere se ricaricare il software o meno, evitando eventuali locazioni di memoria inaffidabili.

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017