Marte, SHARAD scopre ghiacciai sotto la roccia

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

Su Marte, sepolti sotto una montagna di detriti rocciosi, si stendono enormi ghiacciai per decine di chilometri. A dimostrarne l’esistenza, grazie a un radar messo a punto dall’Agenzia Spaziale Italiana, è stata la sonda Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. Si tratta delle prime distese di acqua trovate al di fuori dalle regioni polari. I ghiacciai infatti si trovano in entrambi gli emisferi sotto alti rilievi montuosi alle medie latitudini, tra i 30 e i 60 gradi. La notizia è apparsa la scorsa settimana in uno studio pubblicato sulla rivista Science.
“Complessivamente, questi ghiacciai rappresentano quasi certamente il più grande serbatoio di acqua ghiacciata presente su Marte al di fuori delle calotte polari”, ha affermato John W. Holt della University of Texas che ha guidato il gruppo internazionale di ricerca. “Per fare un esempio, uno dei ghiacciai osservati è tre volte più grande della città di Los Angeles”
Questa eccezionale scoperta fatta a distanza è stata possibile grazie alla tecnologia radar. Lo strumento SHARAD fornito dall’Asi consente di analizzare l’eco delle onde radio inviate sotto la superficie del territorio marziano e di dedurre la composizione geologica profonda. Poiché l’intensità delle onde riflesse è risultata quasi uguale a quella delle onde originarie, gli scienziati hanno intuito che doveva esservi uno spesso stato di ghiaccio sotto un sottile strato di materia. Infatti, se al di sotto del rivestimento roccioso si fossero trovati altri sedimenti rocciosi, il radar ne avrebbe captato gli impulsi, cosa che non si è verificata. Anche la velocità apparente con cui le onde radio hanno attraversato la copertura rocciosa ha confermato l’ipotesi di un substrato di acqua ghiacciata.
“Abbiamo sviluppato gli strumenti per operare su questo tipo di terreno – ha affermato Roberto Seu, del Dipartimento di Ingegneria per la Comunicazione dell’informazione della Sapienza di Roma direttore del gruppo che ha lavorato al radar – perché in questo momento è una priorità determinare quali rivestimenti siano composti di ghiaccio e quali no”.
È arrivata così, a quasi 40 anni di distanza, la risposta a un annoso rompicapo su cui gli studiosi si arrovellano dal 1970, quando cioè la sonda Viking svelò l'esistenza di misteriosi mantelli intorno alle pendici delle cime più alte del Pianeta Rosso. Secondo i ricercatori, i ghiacciai sotterranei, risalenti a 200 milioni di anni fa e preservati grazie alla coltre di detriti rocciosi che ne ha impedito l’evaporazione, sarebbero vestigia di antiche distese di ghiaccio dell’ultima era glaciale, terminata 12 mila anni fa.
“Il fatto che questi ghiacciai si trovino alle stesse latitudini in maniera simmetrica nei due emisferi è la prova di un importante cambiamento climatico avvenuto su Marte, presumibilmente legato a variazioni orbitali”, ha detto il geologo statunitense Jeffrey J. Plaut, che pubblicherà gli stessi risultati su Geophysical Research Letters
Ma come si sono formati dei ghiacciai a latitudini così basse? Una possibile spiegazione, ha avanzato James W. Head della Brown University di Providence, “è che l’inclinazione dell’asse di Marte sia stata in alcuni periodi molto più accentuata di quanto sia ora. I modelli climatici ci dicono che durante questi periodi i ghiacciai abbiano coperto le regioni alle medie latitudini. Sulla Terra, ghiacciai sotterranei si trovano in Antartide e preservano le trace di antichi organismi e dell’antica storia climatica”.
La speranza degli scienziati è che anche i lastroni di ghiaccio su Marte possano custodire frammenti genetici di una ipotetica vita microbica sul pianeta. Si aprirebbero così scenari nuovi e affascinanti sui quali indagare.
Ma al di là del valore scientifico, l’esistenza di queste distese sarà di grande utilità per le future missioni spaziali. I ghiacciai infatti potrebbero servire come sorgenti di acqua per gli astronauti impegnati nelle esplorazioni marziane, acqua da bere ma anche da utilizzare come carburante per i razzi. “Se dovessimo stabilire una base lì, sarebbe meglio farlo vicino a una grande fonte d'acqua, perché ci si può fare tutto”, ha concluso Holt.

  Questo articolo è copyright dell'Associazione ISAA 2006-2024, ove non diversamente indicato. - Consulta la licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Alberto Zampieron

Appassionato di spazio da sempre e laureato in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Torino, è stato socio fondatore di ISAA. Collabora con Astronautinews sin dalla fondazione e attualmente coordina le attività fra gli articolisti.