NASA ed il riciclo dell’ossigeno per le missioni future

I membri della Exp.28 nel 2011 con tre esemplari dei generatori russi Elektron.

L’agenzia spaziale statunitense ha selezionato due proposte per lo sviluppo del prossimo sistema di recupero dell’ossigeno che verrà utilizzato durante le future missioni di esplorazione oltre l’orbita terrestre.

Mantenere costante la percentuale di ossigeno nell’ambiente chiuso di una navicella spaziale con equipaggio, è sicuramente una delle questioni primarie di ciascuna missione spaziale.
Fino agli anni ’70 l’ossigeno veniva esclusivamente fornito da serbatoi pressurizzati o altri sistemi consumabili, ma con l’avvento delle stazioni spaziali sono stati introdotti anche sistemi di recupero ed estrazione dal vapore acqueo ed anidride carbonica espirati dagli astronauti.
Finché si tratta di un avamposto orbitante è sempre possibile inviare rifornimenti tramite le ormai numerose navette cargo. Quando però si parla di esplorazioni di lunga durata verso la Luna ed oltre, senza la possibilità di rifornire la missione, il sistema di recupero e riciclo diventa davvero importantissimo per poter risparmiare peso e volume al lancio.
Se poi si parla dell’esplorazione di Marte, la cui atmosfera è composta per il 95% di anidride carbonica, ecco che queste tecnologie diventano il metodo più efficace per la produzione in loco dell’ossigeno.

A questo scopo la NASA ha avviato il progetto SCOR (Spacecraft Oxygen Recovery), per valutare proposte provenienti dall’industria ed ambiente accademico.
Durante l’estate 2016  sono state raccolte numerose proposte e verso la fine di novembre vennero selezionati quattro progetti che passarono alla successiva fase.

La scorsa settimana sono stati selezionati ed annunciati i due progetti finalisti:

  • Phase II Methane Pyrolysis System for High-Yield Soot-Free Recovery of Oxygen from Carbon Dioxide  di Honeywell Aerospace.
  • Continuous Bosch Reactor dell’UMPQUA Research Co.

Per i prossimi 24 mesi NASA investirà 2 milioni di dollari per la realizzazione dei prototipi funzionanti in scala reale ed iniziare i test operativi.

Attualmente sulla ISS, dove l’atmosfera è simile a quella terrestre al livello del mare, il sistema di recupero si compone dell’Elektron russo e dell’OGS (Oxygen Generating System) statunitense. Entrambi separano l’ossigeno dal vapore e dall’acqua di recupero per elettrolisi, arrivando a recuperare fino al 50% dell’ossigeno e rimetterlo in circolo, con il progetto SCOR NASA punta ad arrivare oltre il 75%, mantenendo però basso il consumo di energia elettrica.

La NASA comunque si sta anche impegnando anche in una versione “green”, infatti durante la recente Expedition 47/48 è stato condotto un esperimento denominato NanoRacks-AGAR, che riprendeva gli esperimenti con la Clorella condotti sulle stazioni spaziali sovietiche Salyut degli anni ’70.

L’esperimento NanoRacks-AGAR con le bottigliette contenenti Clorella. Fonte NASA.

La Clorella è un alga a crescita rapida che assorbendo la CO2 rilascia più ossigeno di quanto previsto, infatti un volume di Clorella pari ad un litro produce 50 litri di ossigeno al giorno.
Essendo poi la Clorella un alimento per i pesci venne preso in considerazione, ma mai attuato, un progetto a ciclo chiuso con i pesci che fornivano CO2 e le loro deiezioni, si nutrivano dell’alga ed una volta maturi diventavano cibo per i cosmonauti.

Fonte: NASA

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.