I tecnici NASA migliorano il sistema di protezione termica per la prossima missione di Orion

Lo scudo termico di Orion per la missione EFT-1. Credits: NASA
Lo scudo termico di Orion per la missione EFT-1. Credits: NASA

Ogni mezzo spaziale che ritorna sulla Terra dall’orbita o dallo spazio profondo deve sopportare l’ambiente veramente estremo del rientro in atmosfera caratterizzato dall’elevata velocità e dal forte calore conseguente, la capsula Orion di NASA non fa eccezione. Il gruppo di ingegneri che sta sviluppando il sistema di protezione termica, non ha smesso di lavorare da quando il veicolo ha effettuato il primo volo lo scorso anno e anzi hanno utilizzato i dati di quella missione per sviluppare ulteriormente l’intero sistema prima della prossima missione del mezzo, un volo che porterà Orion attraverso le peggiori condizioni ambientali di sempre.

Installazione dello scudo termico su Orion (EFT-1).

Installazione dello scudo termico su Orion (EFT-1). Credits: NASA

Il sistema di protezione termica di Orion, e di tutti i mezzi destinati al rientro, è una della parti più critiche del veicolo e il suo scopo è quello di proteggere dal forte calore che si genera per attrito, sia il mezzo che i futuri astronauti che lo utilizzeranno per ritornare sulla Terra da destinazioni nello spazio profondo. E’ composto dallo scudo termico principale della capsula che affronta a tutti gli effetti lo shock del rientro in atmosfera utilizzato per rallentare il mezzo e anche dal reticolo di piastrelle conosciuto come back shell o copertura posteriore, posizionato nella parte superiore della capsula. Durante la prossima missione di Orion in cima al razzo Space Launch System dell’agenzia, denominata Exploration Mission 1 (EM-1), il mezzo resterà nello spazio per più di 3 settimane e ritornerà a Terra in modo più veloce e con più calore rispetto alla precedente missione.
“Il sistema di protezione termico è essenziale per la riuscita delle missioni future,” ha detto John Kowal, il capo progetto del sistema di protezione termico di Orion. “Nel affrontare la costruzione del sistema per la missione EM-1, abbiamo tratto vantaggio da quanto imparato nella costruzione e nell’uso di Orion per raffinare i nostri processi e andare avanti.”

Il lancio da Cape Canaveral del razzo Delta IV Heavy per la missione Orion EFT-1 della NASA. Credit: NASA/Bill Ingalls

Il lancio da Cape Canaveral del razzo Delta IV Heavy per la missione Orion EFT-1 della NASA. Credit: NASA/Bill Ingalls

Durante la missione EM-1, Orion sopporterà un ambiente di rientro più estremo. Mentre durante la Exploration Flight Test-1 la capsula ha avuto una velocità di rientro di circa 9.200 m/s (30.000 piedi/s) e ha affrontato una temperatura approssimativa di 2.200 gradi Celsius (4000 gradi Fahrenheit), dovrà affrontare un rientro più veloce dalla traiettoria lunare fino a quasi 11.000 m/s (circa 36.000 piedi/s). Anche se la differenza di velocità potrebbe sembrare minima, il calore che il veicolo dovrà sopportare aumenta in modo esponenziale con l’incremento della velocità. Il lavoro che i team di ingegneri sparsi in tutti gli Stati Uniti stanno facendo prepara lo scudo termico di Orion ad affrontare rientri da qualsiasi missione pianificata negli anni a venire sia nelle vicinanze della Luna che in orbite lunari più elevate.
Per queste missioni future, verrà anche applicato sulle piastrelle del back shell che compongono il sistema di protezione termica del modulo di comando, un rivestimento argenteo termico basato su metallo. Tale rivestimento, simile a quello utilizzato sullo scudo termico principale, ridurrà la perdita di calore durante le fasi in cui Orion è orientato verso lo spazio e dunque affronta basse temperature, inoltre limiterà le alte temperature a cui il modulo di comando sarà soggetto quando il mezzo è orientato verso il Sole. Il rivestimento aiuterà il back shell di Orion a mantenere la temperatura in un intervallo fra -100 e 290 gradi Celsius (-150 e 550 gradi Fahrenheit) prima del rientro e lo proteggerà anche contro le cariche elettriche superficiali nello spazio e durante il rientro.
“Si cerca di raggiungere questo obiettivo perché quando stai guardando verso il Sole, non vuoi scaldarti troppo e quando invece non stai guardando verso il Sole ma verso il buio, non vuoi perdere tutto il calore che la capsula produce,” ha detto Kowal.

Orion Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV) © NASA / Lockheed Martin

Orion Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV) © NASA / Lockheed Martin

I tecnici hanno ottimizzato il progetto in modo da migliorare anche il processo di manifattura e nello stesso tempo ridurre la massa del mezzo per le successive missioni di esplorazione. Invece di un unico pezzo per lo strato esterno, lo scudo termico sarà costituito da circa 180 blocchi che possono essere fabbricati simultaneamente con gli altri componenti dello scudo termico per rendere più fluido il processo di manifattura che è molto intenso dal punto di vista del lavoro e del tempo.
Nel contempo gli ingegneri hanno trovato il modo per ridurre la massa della struttura interna dello scudo termico che è composta da un telaio di titanio e un rivestimento di fibra di carbonio. I gruppi di lavoro hanno ottimizzato lo spessore del telaio e del rivestimento basandosi sulla pressione che interesserà le diverse aree durante il volo e il rientro, aggiungendo maggiore sicurezza alla struttura nel suo complesso ma rendendola comunque più leggera.
Il primo appaltatore di NASA per Orion, Lockheed Martin, ha recentemente completato un prototipo di sviluppo della produzione dello scudo termico che gli i tecnici utilizzeranno per verificare i miglioramenti del processo di fabbricazione prima di utilizzare in un mezzo di volo. I gruppi di lavoro hanno anche iniziato a costruire lo scudo termico di Orion destinato alla missione EM-1.

Fonte: NASA

  Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.

Commenti

Discutiamone su ForumAstronautico.it

Rudy Bidoggia

Appassionato di spazio e di tutto ciò che è scienza dalla tenera età, scrive dal 2012 per AstronautiNews. Lavora come tecnico informatico presso un'azienda metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia.