Riprendono i test sul propulsore RS-25D di SLS

Credit: NASA

NASA ed Aerojet Rocketdyne continuano lo sviluppo degli ex propulsori SSME dello Space Shuttle, destinati al primo stadio del nuovo lanciatore pesante SLS (Space Launch System), in vista del debutto nella missione Exploration Mission 1 pianificata per il 2018.

Iniziati lo scorso gennaio i test si erano interrotti per consentire un upgrade dell’A-1 test Stand del NASA Stennis Space Center in Mississippi, con l’installazione di un nuovo sistema pressurizzato di raffreddamento ad acqua.
Sono quindi ripresi lo scorso 28 maggio con il secondo hot fire test di 450 secondi sul modello 0525, uno dei due motori di sviluppo (l’altro è il 0528) avanzati dal programma STS e che non sono mai stati utilizzati in una missione shuttle.

SSME RS-25D Stock

Credit: Alan Walters

Dopo l’ultima missione STS-135 del luglio 2011, ben 16 motori RS-25D, 9 dei quali disassemblati direttamente dai tre orbiter Discovery, Atlantis ed Endeavour, erano stati trasferiti dal KSC allo SSC per essere modificati, testati e riqualificati per il nuovo impiego.

L’accensione è già stata dichiarata un successo e nelle prossime settimane i tecnici dovranno analizzare la moltitudine di dati raccolti sia dal motore stesso che dalla struttura ospitante.

Uno degli elementi sotto esame in questo test è stato il MEC (Main Engine Controller) di nuova generazione, che monitora le condizioni operative, modifica di conseguenza il comportamento del motore per rispettare le prestazioni richieste e funge da interfaccia con l’avionica dell’intero razzo.

Un MEC Block II installato su propulsore RS-25D

MEC Block II

Il MEC, costrutio da Honeywell Aerospace, riceve input da diversi elementi monitorando temperature, pressioni, velocità di rotazione dell’albero delle turbopompe, flusso del carburante (LH2 e LOX) e sensori di posizione degli attuatori.
Secondo gli standard NASA naturalmente il sistema è ridondante, per poter garantire il corretto funzionamento anche in condizioni di malfunzionamento ed al massimo autospegnersi senza causare esplosioni.
Storicamente, tra tutti i 46 motori utilizzati nei 30 anni delle 135 missioni STS (ciascuna missione con tre motori), solo in un caso (STS-51F) si è avuta un’anomalia che ha portato allo spegnimento del motore, senza però compromettere la sicurezza dell’orbiter che ha raggiunto comunque l’orbita, anche se non quella prevista.

I test sul modello 0525 continueranno per tutta l’estate, fino a totalizzare 3500 secondi di accensione, dopodichè toccherà al modello 0528 che dovrà raggiungere i 4500 secondi.

Per la EM-1 del 2018 il NASA Liquid Engine Office ha già deciso quali saranno i quattro propulsori del core stage del vettore: ME-2045, ME-2056, ME-2058 ed ME-2060, tutti e quattro veterani del volo con numerose missioni shuttle alle spalle.

Aerojet Rocketdyne ha già riavviato la produzione, interrotta nel 2010,  in quanto i propulsori dell’SLS non potranno essere recuperati come avveniva con lo shuttle, ma precipiteranno nell’Atlantico insieme al primo stadio, esaurendo l’attuale scorta in sole 4 missioni.

Tecnici di Aerojet Rocketdyne al lavoro sul motore 2063

Tecnici di Aerojet Rocketdyne al lavoro sul motore 2063

Quindi, nell’ultima settimana di maggio, è stato completato l’assemblaggio del primo dei nuovi RS-25, il modello 2063 che verrà utilizzato nella EM-2, la prima missione con equipaggio della capsula Orion attualmente stimata per il 2021.

NASA ha già commissionato la costruzione di numerosi altri motori, d’ora in poi nominati semplicemente RS-25 (l’ultima evoluzione del 2001 era denominata RS-25D) che, essendo a perdere, dovranno essere più semplici e meno costosi dei predecessori SSME.

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.