ULA presenta il Vulcan

La partnership fra Boeing e Lockheed Martin ha svelato lo scorso 13 aprile un ambizioso piano che porterà alla sostituzione del vettore Atlas 5 attraverso tre fasi intermedie. Si inizierà con un nuovo primo stadio, seguito da un secondo ed infine dalla possibilità di riutilizzare i motori, che verranno recuperati con un sistema decisamente innovativo.
Il programma nasce per essere competitivo con il Falcon 9 di SpaceX: una sfida ambiziosa, considerando che comporta un impegno finanziario e tecnologico per nove anni. Al proposito Tory Bruno, presidente ed Amministratore Delegato di ULA, non ha voluto specificare i costi precisi stimati, ma si è limitato a dire che, tipicamente, lo sviluppo di un nuovo razzo costa circa due miliardi di dollari, di cui la metà per il motore. Non è escluso che ULA possa approfittare di eventuali finanziamenti statali che potessero rendersi disponibili. Nel frattempo, LM e Boeing rinunceranno a parte dei profitti generati da ULA per finanziare il progetto Vulcan.

La prima fase prevista è la produzione di un nuovo primo stadio propulso dal motore BE-4 a metano fornito da Blue Origin, oppure dall’AR-1 di Aerojet Rocketdyne, qualora il motore di Blue Origin dovesse incontrare rallentamenti nello sviluppo.Per questo motivo, ULA avvierà due diversi processi di certificazione del razzo con l’USAF, uno per ogni motore, in modo da coprire ogni eventualità e poter accedere al mercato delle forniture militari. La decisione finale sul motore da usare nel primo stadio verrà presa entro il 2016.
Il secondo stadio del Vulcan, il cui debutto è previsto intorno al 2019, sarà costituito inizialmente dallo stesso stadio superiore  Centaur e dal medesimo fairing attualmente in uso su Atlas 5. Il diametro della protezione aerodinamica potrebbe raggiungere i 5 metri.
È prevista la possibilità di aggiungere sino a 6 boosters a propellente solido, arrivando così ad un potenziale superiore a quello di Atlas 5 ma comunque inferiore a quello del Delta 4 Heavy. Verosimilmente, i boosters saranno forniti da Orbital ATK o Aerojet Rocketdyne.

La fase due del programma Vulcan vedrà l’introduzione di un nuovo stadio superiore, denominato ACES (Advanced Cryogenic Evolved Stage), in grado di restare nello spazio anche per settimane. ACES incrementerà fortemente le prestazioni del Vulcan, con un serbatoio stabilizzato a pressione e da uno a quattro motori criogenici, in base al profilo di missione. In questo caso, i motori candidati sono una nuova versione dell’RL10 di Aerojet Rocketdyne (in uso su Atlas 5 e Dleta 4), il BE-3 di Blue Origin oppure un motore sviluppato in cooperazione con XCOR Aerospace.
ACES dovrà offrire accensioni “quasi illimitate” nell’arco di molte settimane; lo stadio ad ossigeno ed idrogeno liquidi riciclerà il carburante che andrebbe in ebollizione e lo userà per il controllo di assetto e per la produzione di energia elettrica. In questo modo si eliminerà la necessità di portare a bordo idrazina ed elio liquido.
La possibilità di restare a lungo in orbita con accensioni multiple dovrebbe creare, secondo ULA, un nuovo tipo di missione, chiamato “lanci distribuiti”, e basato sul rendez-vous orbitale di molteplici stadi ACES con diversi carichi paganti.
Quando il nuovo ACES sostituirà il Centaur come secondo stadio di Vulcan, il vettore avrà una capacità di carico del 30% superiore a quella del Delta 4 Heavy.

La terza fase dello sviluppo di Vulcan è quella forse più fantasiosa. Lo scopo è quello di recuperare i motori del primo stadio. Per fare ciò, essi verranno sganciati dal serbatoio dopo lo spegnimento, rientrando nell’atmosfera protetti da uno scudo termico gonfiabile che rallenterà la velocità di discesa. Entreranno poi in funzione dei paracadute direzionali per ridurre ulteriormente la velocità e consentire ad un elicottero da trasporto di agganciarli a mezz’aria.
Il riutilizzo dei motori consentirà un risparmio di oltre il 60% sul costo di ogni razzo. I recuperi dovrebbero iniziare entro il 2024. La tecnologia è stata denominata SMART (Sensible Modular Autonomous Return Technology).
Di seguito presentiamo una panoramica di immagini rilasciate da ULA che illustrano nei dettagli il programma Vulcan (credit/copyright ULA).

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017