Al lavoro sull’aerofreno al plasma

Altius Space Machines è una società del Colorado specializzata nella realizzazione di nuove tecnologie per il rendez-vous ed il docking nello spazio. Recentemente si è aggiudicata ben 4 contratti per lo sviluppo di nuovi sistemi per la cattura di asteroidi (o il recupero di frammenti di essi), nell’ambito del discusso progetto NASA di riposizionare un piccolo corpo celeste in una orbita opportuna del sistema Terra-Luna.
Altius, tuttavia, è anche subfornitore nel progetto Cubesat che dovrà fungere da dimostratore per la tecnica di aerocattura tramite guscio magnetico ad attrito variabile, che vede la compagnia MSNW (plasma e fusione nucleare) come primo appaltatore.

Quanto segue è stato pubblicato sul blog di Altius.
La MAC (“magnetoshell aerocapture”) è un sistema per rallentare un veicolo spaziale usando le interazioni fra le molecole nell’atmosfera (elettricamente neutre) ed un guscio di plasma (ionizzato) che circonda il veicolo stesso.
Gli altri sistemi di aerofrenata prevedono di deflettere le particelle di gas intorno alla navicella spaziale, mentre qui si tratterebbbe di “assorbire” le particelle neutre che impattano il guscio e riemetterle successivamente, una volta che esse siano state accelerate alla stessa velocità del veicolo in ingresso atmsoferico. Il trasferimento di velocità dal veicolo alle particelle si traduce in una diminuzione equivalente del momento del veicolo medesimo.
In pratica, usando un elettromagnete dipolare ed un generatore di plasma, viene creata una magnetosfera artificiale intorno alla capsula, analoga a quella che naturalmente circonda un pianeta. L’elettromagnete dipolare è l’equivalente del campo magnetico terrestre, ed il plasma viene iniettato ed intrappolato dal campo dipolare. Quando una particella atmosferica neutra entra in contatto con il campo, si ha una collisione con scambio di carica, nella quale un elettrone si stacca dal gas atmosferico per ricongiungersi ad uno ione del plasma (vedi schema sottostante). Le elevate velocità e densità del processo fanno sì che la collisione con scambio di carica risulti predominante rispetto a tutti gli altri effetti sul plasma, come la ionizzazione.
A questo punto, la particella di gas atmosferico è diventata uno ione all’interno di un campo magnetico dipolare che si muove ad alta velocità, accelerandola. Per contro, lo ione della magnetosfera, ora neutro, si allontana con una velocità media che è quella della navicella. Ad altitudini ottimali (85-150 chilkometri), e calibrando opportunamente la densità del plasma ed il diametro del guscio, si può esser certi che ogni particella neutra di atmosfera che attraverserà la magnetosfera verrà caricata elettricamente, catturata dal campo dipolare, accelerata alla velocità della capsula ed infine neutralizzata quando entrerà a sua volta in contatto con una “nuova” particella neutra esterna.

ChargeExchange_CollisionSchematic
I vantaggi di questo approccio sono notevoli:

– il diametro del guscio frenante può essere variato rapidamente intervenendo sulla corrente che arriva all’elettromagnete dipolare. In questo modo si può variare la forza frenante in modo quasi istantaneo, anche se la densità precisa dell’atmosfera non è nota all’ingresso.
– il diametro effettivo del freno è molto grande (fino a 100 metri), ed i coefficienti balistici sono uno o due ordini di grandezza inferiori rispetto ai sistemi gonfiabili, e molti ordini di grandezza inferiori rispetto agli scudi termici.
– la riduzione dei coefficienti balistici si traduce in una riduzione (sempre di una o due magnitudini) della densità atmosferica richiesta per la frenata, il che, a sua volta, comporta un crollo delle pressioni dinamiche e del calore sperimentati dalla navicella. Alcuni studi suggeriscono una riduzione del calore di 14mila volte.
– questo sistema può essere adottato sui veicoli a prescindere dalla loro forma più o meno aerodinamica
– non sono richiesti superconduttori, bensì normali magneti alimentati a batteria.
– lo stesso concetto di guscio magnetico potrebbe essere usato nello spazio per proteggere il veicolo da radiazioni e brillamenti solari.

MSNW ha già sviluppato studi per un sistema MAC per una missione automatica su Nettuno ed una con equipaggio verso Marte, e sono stati effettuati esperimenti in camera a vuoto che hanno evidenziato un aumento dell’attrito dovuto al MAC di ben mille volte. Ora il contratto prevede una prima missione dimostrativa che userà un cubesat da 3 o 4 unità, dispiegato dall’ISS; l’esperimento dovrà testare l’efficacia del MAC sia come aerofreno che come scudo antiradiazioni all’interno delle fasce di Van Allen. MSNW realizzerà il carico pagante, mentre Altius si occuperà del bus del cubesat (struttura, energia, avioniche, sensori etc.). Sarà fondamentale la progettazione dell’interfaccia termica fra la bobina del MAC ed il satellite. Questo perchè essa può arrivare ad un kilowatt di potenza durante il funzionamento, mentre la più grossa batteria mai installata su uno di questi microsatelliti è da 250 watts/ora: il calore in eccesso deve essere disperso nello spazio per non danneggiare le elettroniche di bordo.
Nella fase due del programma, Altius dovrà trovare un modo per impiegare i cubesats in missioni interplanetarie, risolvendo questi tre principali problemi: propulsione, energia e comunicazioni. Al proposito, il progetto MIDAS prevede di usare una bobina elettromagnetica ripiegabile ma di grande diametro (2-5 metri), per un MAC in grado di operare nelle atmosfere di Marte, Venere o dei giganti gassosi esterni. Sono inoltre previsti uno o più pannelli solari ad alta potenza, ripiegabili e con pellicola ultra-fine, per generare corrente anche oltre l’orbita marziana. Infine, MIDAS prevede una antenna di grandi prestazioni per il contatto con la Terra. Questi tre sistemi verrebbero tutti montati su comuni travi STEM per il dispiegamento nello spazio.

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L’aumento del diametro della bobina (ottenuto piazzando l’elettromagnete all’estremità dei travi) consente di aumentare le prestazioni del MAC a parità di massa e potenza delle battterie, rendendo l’aerofrenata al plasma possibile nei pressi di qualunque corpo del sistema solare provvisto di atmsofera. Un altro beneficio di questa soluzione è che, visto che i travi non devono necessariamente avere la stessa lunghezza, è possibile creare il campo magnetico dipolare con un asse che non attraversi la navicella, il che potrebbe ridurre o eliminare le interazioni con particelle dannose durante il funzionamento come scudo anti-radiazioni.
Sebbene al momento gli esperimenti siano basati su piattaforme cubesat, il sistema MAC è evidentemente applicabile con profitto su veicoli molto più grandi e con elevate velocità di rientro, quali una capsula Orion in rientro da una missione marziana o lo stadio superiore di un razzo destinato al riutilizzo.

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017