Il Regno Unito vuole piu’ spazio

Il ministero per l’Innovazione Commerciale e le Competenze (DBIS) ha recentemente pubblicato un documento che contiene le politiche britanniche in tema di scienza e ricerca per  i futuri anni venti, e non mancano le sorprese.
Tra tutte, uno spazioporto (investimento richiesto tra 25 e 50 milioni di sterline), per aprire “nuovi mercati, come il turismo spaziale e l’accesso low cost allo spazio, per fare da complemento alle competenze britanniche nel campo dei piccoli satelliti.” Il documento non fa cenno ai potenziali utilizzatori di questo spazioporto, ma vengono subito alla mente lo spazioplano Skylon (nell’immagine di apertura) e la SpaceShip 2 di Virgin Galactic. Purtroppo occorrerà fare i conti con la realtà geografica: i lanci spaziali avvengono generalmente in direzione est, per trarre vantaggio dalla rotazione terrestre; da questo punto di vista le isole britanniche sono sicuramente posizionate male, con tutto il continente euroasiatico ad oriente. Inoltre la Gran Bretagna non è proprio rinomata per il proprio clima mite ed i cieli tersi, e pare improbabile che qualcuno spenda centinaia di migliaia di euro/dollari/sterline per un volo suborbitale per poi trovarsi a guardare per 3 minuti un tappeto di nuvole.
Lo spazioporto, tuttavia, è solo uno dei campi di attività che il documento suggerisce, sull’onda dell’entusiasmo generato dalla missione di Tim Peake sull’ISS. Vediamo nel dettaglio le altre ipotesi di investimento:

– Un Centro Nazionale per la Propulsione che ospiti la ricerca e sviluppo ed il collaudo di thrusters in un ambiente spaziale simulato (costo stimato, 6 milioni di sterline)

– maggior cooperazione con il programma ISS, tramite un programma di contributi di lunga durata. Il Regno Unito, infatti, è partner del programma ELIPS (European Life and Physical Sciences programme), ma solo i paesi che sostengono stabilmente anche l’ISS hanno diritto a condurre propri esperimenti nello spazio nel campo della microgravità, del vuoto atmosferico, delle radiazioni, con grandi ricadute nei settori della scienza dei materiali, la biomedicina e l’astrobiologia.

– la partecipazione al finanziamento dell’ESA. Nel 2014 si terrà una riunione ministeriale che avrà come argomento la prosecuzione del finanziamento dell’ISS, il completamento del budget per la missione ExoMars e l’avvio del programma per il prossimo vettore europeo. Il governo di Sua Maestà ha interesse a partecipare solo ai primi due progetti. Nel 2016 si terrà una nuova ministeriale; per allora, quasi tutti gli impegni economici che la Gran Bretagna ha sottoscritto con ESA saranno stati onorati. Si tratterà dunque di decidere quanto investire nello Space Science Programme, nel programma per telecomunicazioni ARTES, nel programma EOEP di osservazione della Terra, nel programma di monitoraggio pubblico e commerciale GMES, nel Mars Robotic Programme, che sviluppa tecnologie robotiche e di energia nucleare per una eventuale missione di “sample return” su Marte, nel programma GSTP, che favorisce lo sviluppo di tecnologie spaziali radicalmente nuove, nel programma Situational Awareness, per la valutazione dei rischi da detriti spaziali e tempeste spaziali, e infine, come già detto, nei programmi ISS ed ELIPS, che sono intimamente collegati.

– la missione di classe M3 denominata Plato, che già si trova sotto la leadership scientifica britannica. Si tratta di uno sforzo combinato di osservazione per trovare nuovi pianeti ed analizzarne l’atmosfera in cerca di tracce di vita.

– la creazione, in dieci anni, di una rete di stazioni a terra per la ricezione dei dati provenineti da sonde spaziali, con un costo previsto di 35 milioni di sterline.

– lo sviluppo di applicazioni per la commercializzazione dei dati provenineti dalle missioni spaziali (15 milioni di sterline)

– la creazione, insieme ad ESA ed Unione Europea, di un centro per la conservazione e lo studio dei campioni provenienti da oltre l’atmosfera terrestre: uno dei due o tre centri previsti allo scopo in tutto il mondo (25-45 milioni di sterline).

– il sistema TRUTHS, per la calibrazione radiometrica delle osservazioni della Terra dallo spazio, specialmente con finalità di analisi del clima (costo, 150 milioni di sterline)

– il Large Synoptic Survey Telescope, da realizzarsi in Cile, che osserverà il cielo in 6 diverse lunghezze d’onda con una raccolta dati mille volte superiore ai suoi predecessori. Esso è da ritenersi complementare allo Square Kilometre Array ed allo European Extremely Large Telescope, ed il ccd della sua fotocamera da 3,2 gigapixel, costruito in UK, otterrà la fotometria di 4 miliardi di galassie. Una tale mole di dati richiederà lo sviluppo parallelo di una adeguata rete di analisi e calcolo, per la quale è prevista la collaborazione con la Francia.

– la partecipazione ai programmi di indagine sui neutrini che Stati Uniti (Lon Baseline Neutrino Experiment) e Giappone (T2HK) stanno progettando.

– la partecipazione a programmi internazionali avanzati di ricerca nucleare, quali l’aggiornamento del Thomas Jefferson National Accelerator Facility in USA, l’esperimento ALICE del LHC e lo sfruttamento dell’anello di stoccaggio per ioni pesanti ISOLDE del Cern.

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Paolo Actis

Paolo ha collaborato con AstronautiNEWS dal maggio 2008 al dicembre 2017