Integral scopre l’orgine energetico della Nebulosa del Granchio

Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA
Il logo di AstronautiNEWS. credit: Riccardo Rossi/ISAA

L’energia gamma proveniente dalla Nebulosa del Granchio è polarizzata. Grazie a questa eccezionale scoperta, in uscita su Science e resa possibile da misurazioni effettuate con il satellite INTEGRAL dell’ESA, un team di ricercatori dell’Università di Southampton e dell’INAF ha potuto identificare, per la prima volta, l’origine dei fotoni ad altissima energia emessi dalla pulsar al centro della nebulosa.

La Nebulosa del Granchio, o Crab Nebula, dal giorno della spettacolare esplosione di supernova che l’ha originata (e osservata dalla Terra circa un millennio fa, il 4 luglio del 1054), sta funzionando ininterrottamente come un super-acceleratore naturale: la stella a neutroni che pulsa al suo interno, al ritmo pazzesco di 30 rotazioni al secondo, emette infatti particelle a energie fino cento volte superiori rispetto a quelle raggiungibili dai più potenti acceleratori esistenti sulla Terra. Se come ciò avvenga è tuttora una domanda aperta, grazie a un gruppo di astrofisici dell’Università di Southampton e dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), si è però ora scoperto dove questa energia viene generata.

Il risultato, che sarà pubblicato domani su Science, è una tappa fondamentale nella comprensione del funzionamento delle stelle di neutroni. Ed è stato reso possibile grazie alla ricostruzione di un fenomeno mai osservato in precedenza: la polarizzazione dei fotoni gamma provenienti dalla Crab. Se identificare i fotoni polarizzati, ovvero perfettamente allineati lungo un certo asse, è relativamente facile per quanto riguarda la luce visibile (basta infatti un semplice filtro polarizzatore, come quello di molti occhiali da sole), per la radiazione ad altissima energia come quella dei fotoni gamma è estremamente complesso.

Il gruppo, guidato dal professor Tony Dean dell’Università di Southampton, ha dovuto analizzare oltre 600 osservazioni della Crab effettuate con lo strumento SPI—lo spettrometro a bordo del satellite INTEGRAL dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, e in parte finanziato dall’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana—e metterle a confronto con un complicato modello al computer, prima di poter affermare con certezza che circa la metà dei fotoni gamma provenienti dalla nebulosa sono polarizzati. Ma ne è valsa la pena. Grazie alla polarizzazione, infatti, Dean e colleghi hanno potuto determinare la provenienza esatta di quei fotoni: il getto ad altissima energia generato dalla pulsar nel cuore della Crab.

«Osservare fotoni polarizzati», spiega Pietro Ubertini, direttore dell’INAF-IASF di Roma e tra gli autori dell’articolo, «è un po’ come vedere un gran numero di persone scendere da un autobus e, invece di andare ognuna per i fatti suoi, incamminarsi tutte, ordinatamente, nella stessa direzione. Come se qualcosa, sull’autobus, le avesse convinte a ubbidire a qualche ordine. Ma se parliamo di fotoni gamma, quelle persone dobbiamo immaginarcele come omaccioni grossi, muscolosi e determinati come non mai a far di testa propria: quale che sia il meccanismo fisico che li ha messi in riga, deve avere una potenza inimmaginabile».

Un fenomeno sul quale ci sarà ancora parecchio da indagare, dunque, ma che già permette di formulare qualche ipotesi. «Il notevole allineamento del vettore elettrico di questi fotoni con l’asse di rotazione della pulsar», commenta Tony Dean, «insieme alla sua conformità con l’angolo di polarizzazione ottica, rafforza l’ipotesi che entrambi i flussi, quello ottico a bassa energia e quello gamma ad alta energia, siano generati nello stesso luogo, vicino alla stella di neutroni. Una scoperta che ha implicazioni importanti per la comprensione degli acceleratori ad alte energie come la Crab». Senza contare l’impatto che questo risultato può avere sulla fisica fondamentale, e in particolare su alcune teorie di gravità quantistica: la misurazione della polarizzazione gamma dalla Crab permette infatti di porre limiti assai restrittivi a quelle che prevedono una rottura della cosiddetta «invarianza di Lorentz».

Grande soddisfazione per i risultati raggiunti sono espressi da Enrico Flamini, Direttore dell’Unità di Osservazione dell’Universo dell’ASI: «E’ un ulteriore fondamentale contributo della scienza italiana per la comprensione delle leggi che regolano l’universo. Un contributo che proprio recentemente è stato rimarcato ribattezzando, da parte della NASA, il satellite GLAST, Fermi, dedicandolo così ad un pioniere dello studio delle particelle di alta energie che, tra l’altro, intuì il meccanismo fisico per accelerare i raggi cosmici che pervadono la nostra galassia e giungono fino a noi: Enrico Fermi».

Riportato da: Agenzia Spaziale Italiana

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